Brignoli: “La Juve deciderà sul mio futuro. Restare a Terni? Io ne sarei felicissimo! E quando Marotta…”

Lunga chiacchierata per Alberto Brignoli, portiere della Ternana, con il sito Spazio Juve. Tra il futuro bianconero e il presente a Terni.

In campionato stai facendo vedere grandissime cose e, anno dopo anno, la tua crescita è evidentissima. Quanti margini di miglioramento pensi di avere ancora?

Spero tanti. Adesso sono in Serie B e spero di migliorarmi per arrivare al massimo e giocarmi le mie carte nella massima serie. Poi mi piacerebbe avere continuità nel lavoro e soprattutto aumentare la concentrazione durante la partita riducendo al massimo il margine d’errore per risultare più decisivo possibile in maniera quasi invisibile. Nel senso di gestire bene la gara e trasmettere sicurezza a tutta la squadra.

Quando hai saputo dell’interesse della Juve cosa hai pensato? Raccontaci un po’ com’è andata…

I primi di gennaio il mio procuratore mi ha detto che aveva parlato con i dirigenti della Juve, con Cherubini, Paratici e credo anche Marotta e mi ha detto che c’era questo interesse. Però dall’interesse a qualcosa di concreto deve passarne sempre di acqua sotto i ponti. Per questo ho continuato a lavorare senza distrarmi e ho detto al mio procuratore di farmi sapere se e quando la cosa si sarebbe evoluta in maniera positiva, e infatti alla fine di gennaio quando si è concluso tutto sono andato a Milano ed ho firmato. E’ stata la realizzazione di un sogno. 

Quando c’è stato l’annuncio del trasferimento, soprattutto sui social network, ci sono state delle critiche. Come hai reagito? Con indifferenza, perché gran parte delle persone che criticava non ti aveva mai visto giocare, oppure queste critiche sono state uno stimolo a dimostrare a tutti quanti che quel sogno te lo sei meritato?

Io le critiche a essere sincero non le ho lette perché penso solo al mio lavoro. Sono sempre stato abituato a essere criticato perché ogni anno ero quello che portava via il posto a qualcuno e quindi davo fastidio, probabilmente. Ritengo sia normale che qualcuno dica “Chi è questo? Perché l’hanno preso? Da dove arriva?”. E’ sempre stato uno stimolo per dimostrare a tutti la mia professionalità e la mia voglia di migliorarmi. Fa parte del nostro mestiere tutto ciò. Se pensiamo di fare un lavoro dove vengono decine di migliaia di persone allo stadio e dove tutti se ne intendono e parlano, dobbiamo accettare le critiche. Sarebbe strano non riceverne e impensabile non volerle affrontare. Ma ripeto, io sono tranquillo perché sono convinto del mio lavoro, ho sempre ragionato così da quando ho cominciato. E non credo ci siano altre strade per dimostrare a tutti il mio valore. Le uniche persone a cui devo dar conto sono il mio allenatore, la mia società e i miei tifosi. Il resto mi interessa in maniera marginale.

Cosa ti aspetti per l’anno prossimo? Pensi rimarrai alla Ternana o magari ritieni sarebbe più giusto un prestito nella massima serie?

Non credo ci sia una cosa giusta o una sbagliata. Io vengo da tre campionati da titolare in Serie B e altrettanti il Lea Pro, quindi devo continuare a dimostrare il mio valore. Poi sono a disposizione della società e farò quello che mi diranno di fare, sempre con professionalità e precisione, con la massima disponibilità nei confronti di tutti. Se avrò l’onore e la fortuna di rimanere a Torino quello non dipende solo ed esclusivamente da me. Io sono a disposizione, la mia volontà è relativa. Faccio quello che mi dicono. L’aspirazione è normale sia raggiungere la massima serie, ma se dovessi rimanere a Terni sarei contentissimo comunque, perché sono qui da tre anni ed è la mia seconda famiglia. Non avrei nessun problema a restare.

Conosciamo un po’ il ragazzo dietro il portiere. Raccontaci un po’ di te. Hai sempre voluto fare il calciatore? C’è stato qualche episodio in cui hai capito che davvero potevi farcela? E poi dicci, sei sempre stato un portiere o anche tu come tanti hai vagato un po’ per il campo prima di finire in porta?

Io in realtà non ho mai voluto giocare a calcio. Sì, lo guardavo e lo seguivo, ma ho fatto tanti altri sport: ciclismo e nuoto, per esempio. E’ normale che è lo sport che seguiamo e viviamo di più in televisione è il calcio, quindi comunque è normale che il pensiero ci fosse. Poi mio padre era un portiere, quindi ero appassionato al ruolo grazie alle fotografie che vedevo a casa e i suoi racconti. Però non l’ho mai preso come un lavoro o qualcosa di asfissiante da raggiungere a tutti i costi. L’ho fatto e l’anno che ho firmato il mio primo contratto da professionista ho realizzato che potevo farlo, soprattutto perché l’avevo dimostrato a me stesso, ma anche alle persone che hanno sempre creduto in me e mi hanno dato fiducia. Poi, piano piano, è diventato qualcosa di sempre più serio e professionale finché è iniziata una sfida per arrivare al massimo. Io sono sempre stato competitivo e voglio ottenere sempre il massimo. Finché avrò l’occasione darò tutto, ritenendomi fortunato per il lavoro che faccio. Non sento responsabilità enormi, però, perché so che sarà solo una parentesi della mia vita e me la dovrò godere facendo il massimo. Ma so che la vita è altra cosa, e questo me l’hanno insegnato i miei genitori. Loro lavorano da trent’anni e non mi hanno mai fatto mancare nulla. Mi ritengo fortunato per le possibilità che ho avuto ed ho e voglio sfruttarle al massimo anche per loro.

C’è un portiere a cui ti ispiri? Chi è il tuo idolo nel ruolo?

Mi sono innamorato di questo mestiere quando ho visto Toldo agli Europei  del 2000 ad Amsterdam, con lo sfortunato episodio di Buffon. Poi normale che il punto di riferimento per tutto il movimento, poi, sia quest’ultimo, perché ha dimostrato nell’arco di vent’anni di saper essere sempre decisivo e a livelli altissimi e credo che la differenza l’abbia fatta la testa, oltre le qualità innate che ha. Perché rimanere sul pezzo per tutto questo tempo è difficile e sicuramente oltre le sue straordinarie qualità ha fatto la differenza anche la sua capacità di reagire ai momenti difficili. E’ in quei momenti che ha dimostrato di essere un campione.

Tu hai avuto qualche momento nella tua carriera in cui hai pensato “Forse non ce la faccio”? Come li hai superati?

Ho avuto qualche momento difficile, ma nel mio piccolo ho sempre puntato solo al lavoro e mi sono fatto forza con la bontà di quello che facevo ogni giorno. Nessuno mi ha mai regalato niente, anzi, qualche volta sono stati pronti a togliermi qualcosa perché non ho mai avuto una spinta o qualche grande nome alle spalle e questo mi ha dato una sicurezza che mi permette di superare tutto, perché c’è il mio lavoro alla base di tutto. Se io lavoro dieci ore al giorno per fare il massimo e poi so di aver fatto tutto al meglio, sono in pace con me stesso qualunque cosa succeda. E’ normale per un portiere sbagliare, ma se sai di aver fatto tutto il possibile per arrivare alla partita al massimo riesci ad andare avanti. Poi, a prescindere da dove giocherò, sia in Champions League o di nuovo in Lega Pro, sono certo che lavorando riuscirò a dare sempre il meglio di me