Le ramanzine di Zadotti

Iscritto all’Albo dei giornalisti dal 2000, scrive sul Corriere dell’Umbria dal 1997 e collabora dal 2008 con Tele Galileo come ospite fisso, nei programmi Anteprima Sport e Notte Gol.

Le ramanzine di Zadotti

Una ramanzina al gruppo dopo la brutta sconfitta di Vercelli (alla ripresa della preparazione e all’interno degli spogliatoi). Poi una reprimenda pubblica dopo la battuta di arresto (peraltro ancora peggiore a livello di prestazione) dopo il ko di Varese. Nel corso della scorsa settimana Zadotti ha alzato la mira, esprimendo a chiare lettere il proprio malcontento per i risultati altalenanti della Ternana, mentre nei giorni precedenti aveva attaccato, anche in questo caso pubblicamente, la classe arbitrale per le reiterate sviste commesse ai danni delle Fere. Insomma, triplice e dura presa di posizione del presidente, che evidentemente cerca di scuotere il gruppo e al contempo di ottenere direzioni arbitrali migliori alzando la voce. Scelta rispettabile (almeno in parte) ma discutibile per i toni usati e per alcuni contenuti.

Quale senso ha lamentarsi per il fatto che si vince contro compagini sulla carta più attrezzate e si perde contro squadre teoricamente più deboli nell’ambito del campionato più equilibrato del decennio, in cui tutti possono vincere o perdere, in casa o fuori, con tutti gli altri? Perché affidarsi ad un improbabile paragone con i postini per negare il diritto della squadra (e soprattutto degli elementi scesi in campo senza soluzione di continuità da fine agosto a fine dicembre) di accusare la stanchezza? Non sarebbe meglio ammettere l’errore commesso durante il mercato estivo, quando per risparmiare sul monte ingaggi si è scelto di varare un organico risicato (appena 22 elementi, a parte il terzo portiere Gava e l’infortunato di lungo corso Dianda) e privo in alcuni ruoli di alternative valide? Non sarebbe più ragionevole ammettere di aver impedito con questa improvvida scelta a mister Tesser di adottare in qualche occasione un minimo di turn-over? Probabilmente aveva ragione Elton John quando cantava “Sorry seems to be the hardest word” (1976). E non avevano torto neanche i Chicago quando replicavano “Hard to say i’m sorry” (1982).