La sua non è la classica storia del campione rimasto senza squadra e desideroso di rientrare a tutti i costi nel mondo del calcio. Marco Amelia – ex Livorno – ha scelto, per il momento, di defilarsi da un movimento nel quale non si riconosce per tanti aspetti, che viaggiano paralleli al gioco del pallone. E ha parlato così a Panorama. Una voce fuori dal coro per sviscerare problematiche attuali e attanaglianti l'universo calcistico.
Marco, domanda banale: come mai ancora senza squadra?
"Per la maggior parte dei motivi è stata una mia scelta. Non le nascondo il fatto che ho ricevuto delle offerte, ma non ero convinto. Non c'erano i presupposti".
Proposte non soddisfacenti dal punto di vista economico?
"Non c'è stata intesa. Voglio precisare che ciò è accaduto non in quanto abbia chiesto chissà quali soldi, ma perchè c'erano troppe persone che si volevano mettere in mezzo all'operazione. Solo per questioni di soldi e un proprio tornaconto personale…".
In che senso?
"Magari con il club veniva trovata un cifra per il mio ingaggio, dopodichè questa somma veniva ulteriormente maggiorata in modo che determinate persone potessero ottenere dei guadagni da certe transazioni. Ho una mia etica personale e anche nel calcio ho sempre cercato di portarla avanti. Perciò ho preferito declinare certe richieste".
Da svincolato come passa le proprie giornate Marco Amelia?
"Molto serenamente, con la mia famiglia. Inoltre seguo tutte le vicende che mi riguardano. Nel mio piccolo ho avviato alcune situazioni. Ho una società sportiva giovanile, che seguo da vicino e un paio di aziende, che danno posti di lavoro a diverse persone. Mi occupo di queste cose a tempo pieno. Inoltre essendo consigliere dell'Associazione Italiana Calciatori cerco di dare un contributo personale per quanto riguarda le riforme e i cambiamenti che verranno impostati dalla nuova Federazione".
Stando fuori dal calcio giocato, che idea si è fatto del movimento nostrano fra scandali e polemiche sempre più imperanti.
"Tutto quello che è accaduto negli ultimi anni, deve insegnare qualcosa a qualcuno. Bisogna migliorare e cambiare molte cose, ma concretamente. Spesso ci si lamenta di tante cose, ma chi gestisce il calcio deve valutare bene tutte le situazioni e agire per migliorare".
Ci dica un esempio di qualcosa che non funziona nel calcio italiano.
"Si dice sempre che non ci sono soldi e le nostre società sono in crisi, ma il mercato italiano è quello che realizza più trasferimenti durante la sessione di calciomercato. Questo ovviamente è un controsenso. Inoltre talvolta non si trovano motivazioni valide per ciò che concerne tutte queste transazioni ed operazioni così massicce…".
Quando la rivedremo fra i pali?
"Non so quando tornerò in campo. Ho scelto io di non rinnovare il contratto con il Milan al termine dello scorso campionato. In questo periodo preferisco seguire la crescita dei miei ragazzi. Sono tornato a casa e vorrei creare un centropolisportivo per il mio paese. In modo da aiutare i giovani a crescere, dando loro degli sbocchi sportivi".
Quindi non ha fretta di tornare in campo.
"In questo momento non so se tornerò a giocare".
Eventualmente sarebbe tentato da un'esperienza professionale lontano dal calcio italiano?
"Ho rifiutato tante offerte dall'estero. Noi giocatori italiani, anche di un certo livello, siamo visti molto positivamente fuori dai confini. Il contrario di quanto accade da noi, dove i migliori portieri come Sirigu devono migrare all'estero per essere protagonisti".
Come mai, nonostante se ne parli ciclicamente, non si punta sui giovani italiani?
"I nostri club preferiscono puntare su tanti, troppi stranieri. Molti dei quali non all'altezza degli italiani. Ormai in porta nel nostro campionato ci sono più stranieri che italiani. Non è razzismo, ma lo sottolineo per la mancanza di fiducia che si nutri nei nostri calciatori. Motivazioni? Acquistare un giocatore in Italia non ha lo stesso appeal mediatico e non smuove, a livello di operazioni, tutto quello che può comportare economicamente la chiusura di una trattativa all'estero…".
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