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Messaggero – Intervista a Liguori: dall’amore per la Ternana alla Nazionale fino a San Siro

Fa parte della storia della Ternana, degli anni eroici, quelli che iniziano sul finire degli anni '60 al mitico Viale Brin, "La pista" per i ternani più anziani. Franco Liguori di quella Ternana, quella di Corrado Viciani, il profeta del "gioco corto", ne diventerà il simbolo. Franco Liguori nasce a Napoli nel 1946, ma è un ternano di adozione; il papà, che è un militare, viene infatti trasferito a Terni quando Franco ha 14 anni. L'amore per il calcio scoppia all'età di sei anni quando la famiglia Liguori è a Verona.

Quale fu il suo primo impatto con il pallone? "La squadra scaligera, quell'anno, giocava in serie A e nella caserma dove prestava servizio papà c'erano due giocatori che facevano il militare. Un giorno dissi a lui se chiedeva loro se avessi potuto fare il raccattapalle. Lui, che voleva che pensassi solo a studiare, mi fece contento e dalla domenica successiva mi ritrovai dentro lo stadio. Di lì a poco iniziai a giocare in una squadretta che faceva il settore giovanile. Il calcio era già lamia passione".

Franco è bravo, si vede subito che ha delle qualità e poi nei Nagc (si chiamavano così, a quei tempi, i settori giovanili) segna una valanga di gol. Da Verona a Terni. Qual è la sua prima squadra? "Appena arrivai, la mia prima squadra fu "Il Sole nascente"; con me c'erano tra gli altri Piero Favoriti, Biribanti, Eramo. Ero bravino, segnavo tanti gol, ero un centravanti, e l'anno successivo mi prese la Virtus Terni, la seconda squadra della città. Giocavamo al Viale Brin e partecipavamo al campionato regionale di Promozione".

Di Liguori si inizia a parlare, tanto che l'anno dopo a bussare a casa di Franco è proprio la Ternana. Fu amore a prima vista con la società rossoverde? "Io non volevo andare. Mi sembrava un passo indietro in quanto sarei tornato a fare il settore giovanile. L'allenatore della prima squadra era Carapellese e quell'anno la Ternana vinse il campionato di serie D".

L'anno successivo, Liguori, che si era messo in evidenza negli allievi nazionali – il nuovo allenatore delle fere è Caciagli – approda in prima squadra. Che squadra era quella Ternana? "In quel gruppo c'erano bravi giocatori, c'era anche Aldo Agroppi e non era facile trovare spazio. A metà stagione Caciagli fu esonerato e la società decise di affidare la squadra a Cioni che era stato il mio allenatore negli Allievi. Con lui divenni subito titolare".

Terminato il campionato, e siamo alla stagione 1966-67 a guidare la Ternana vengono chiamate due ex glorie della Juventus, Borel e Nai e per Liguori non è un periodo positivo e a fine stagione non è confermato. Come ha saputo che la Ternana l’aveva scaricato? "Ero al mare, a Riccione, e lessi dai giornali che non ero inserito nella lista dei confermati. La societàmi mandava in prestito alla Torres, a Sassari. Decisi di tornare a Terni e chiesi un incontro con il nuovo allenatore rossoverde, un certo Corrado Viciani".

L'incontro con il "Maestro" rappresentò la svolta di Liguori. La Ternana, intanto, che partecipava al campionato di serie C, a sorpresa, fu inserita nel girone meridionale. "Viciani fu molto gentile, quel giorno. Acconsentì che facessi la preparazione e poi avrebbe deciso lui. La fortuna per me fu proprio l'inserimento della squadra nel girone Sud che provocò la fuga di molti giocatori e iomi ritrovai titolare".

La Ternana vince il campionato, Viciani diventa il profeta di un nuovo calcio e Liguori è l'astro nascente. In serie B la Ternana continua a dare spettacolo. Chi non ricorda la vittoria al Brin contro la Lazio di Chinaglia? Ci racconta quella partita passata alla storia? "Quel pomeriggio il Viale Brin era stracolmo, 10mila persone, e noi vincemmo alla grande. Io feci i due gol di testa, assist entrambi di Cardillo, malgrado un occhio tumefatto. Tutta la settimana ci avevano snobbato e noi rispondemmo per le rime in campo".

Intanto Franco Liguori si è sposato con Franca, il grande amore della sua vita; da lei avrà due figlie, Michela e Alessandra. Al termine della stagione la mezzala rossoverde ha molte richieste e viene acquistato dal Palermo in serie A. Dopo il ritiro la squadra siciliana è costretta a rispedirlo a Terni per il mancato pagamento della fidejussione e Franco gioca un'altra stagione in rossoverde (storico un suo gol al Perugia al vecchio "Santa Giuliana"). Al termine della stagione viene acquistato dal Verona che lo gira al Bologna, allenatore Mondino Fabbri, l'ex Ct della Nazionale. A Bologna come fu il suo inserimento in squadra? "Venni adottato da due grandi personaggi, Franco Janich e Giacomo Bulgarelli che stravedevano perme. Partiamo alla grande, vinciamo la Coppa italo-inglese, e io divento un titolare inamovibile di quella fantastica squadra; l'11 gennaio, è il 1971, c'era in programma la partita a San Siro contro il Milan e il giovedì mi arriva la telefonata di Valcareggi, l'allenatore della Nazionale, che mi anticipa la convocazione in azzurro. A me sembra di sognare".

A San Siro, invece, finiscono i sogni di Liguori. È così? "Stavo attaccando, portavo palla quando Romeo Benetti, il mediano del Milan e della Nazionale mi entrò sul ginocchio, completamente in ritardo, rompendomi la gamba in due. Quel giorno iniziò il mio lungo calvario. La convalescenza fu lunga; intanto Pesaola era diventato il nuovo allenatore del Bologna e lui non mi vedeva; fui costretto, l'anno dopo, ad andarmene sempre in A a Foggia dove trovai Lauro Toneatto, un secondo padre che mi rimise in piedi, sia fisicamente che moralmente".

 L'anno successivo Liguori torna al Bologna che lo gira al Brindisi dove gioca due buoni campionati di serie B. Liguori ha 28 anni, ma accade qualcosa di strano, cosa? "Ebbi un contatto con la Ternana e d'accordo con la dirigenza, presidente era Tiberi, riscattai a mie spese il cartellino. Mi avevano promesso che sarei tornato. Da quel giorno non sentii più nessuno. Deluso decisi di smettere. Avevo solo 28 anni!".

Liguori inizierà una lunga e onesta carriera da allenatore guidando formazioni dalla serie A alla serie C, ma quella un'altra storia, tutta un'altra storia.

Stefano Bentivogli

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