Si avvicina il campionato e la questione degli organici composti da 22 elementi continua a tenere banco. Anche in modo curioso. Da una parte c’è il presidente Ghirelli, ideatore di questa nuova norma che si complimenta con le società che l’hanno accettata di buon grado convinto (forse lui e pochi altri) che diventi ben presto la panacea dei mali di una categoria che viaggia con l’acqua alla gola.
Dall’altra parte si alzano forti le voci delle società, magari quelle più blasonate, quelle che hanno un progetto tecnico di medio-lungo periodo, quelle che investono sul territorio. Voci, grada un po’, che contrastano clamorosamente con quanto asserisce il numero uno della Lega.
Il più duro è stato il presidente della Ternana. Stefano Bandecchi ci è andato diretto, come suo solito: “Questa serie C mi fa schifo, spero che i calciatori riescano a far cancellare questa norma” che aveva già definito iniqua e vessatoria, contraria a tutti quelli che vogliono elevare il livello tecnico della Lega Pro.
Con lui altri hanno avuto atteggiamenti simili e a sua volta la voce più importante, ovvero quella dei calciatori, non ha tardato a farsi sentire. Il vice presidente dell’associazione calciatori ha minacciato lo sciopero contro una norma che rischia di lasciare a casa circa duecento calciatori.
Ma Ghirelli ha risposto sdegnato ai calciatori ritenendo la loro richiesta “inaccettabile e irricevibile”. Quasi che a parlare fossero stati gli ultimi tra gli interlocutori e non i primi, quelli cioè che producono lo spettacolo, quelli che vivono di calcio con carriere che non sempre sono scintillanti, che non sempre li portano a calcare i grandi palcoscenici.
Tagliare posti di lavoro a gente che, se va bene, può trovare una maglia fino a 33-35 anni e che in carriera non ha certo potuto accantonare denari sufficienti per vivere il dopo calcio in sicurezza è scelta difficile da condividere.
Ma quel che più sconcerta è la tempestività della scelta operata da Ghirelli e dai suoi fedelissimi sostenitori (buona parte dei dirigenti di società medio-piccole), con il Covid19 che non si placa (nel numero dei contagi) e che come viene evidenziato ogni giorno, non fa sconti neppure ai calciatori. A quelli in vacanza a quelli in ritiro con le proprie squadre o con le nazionali.
La domanda perciò sorge spontanea. Come farà fronte una società nel caso in cui si vedesse privata dal contagio di quattro o cinque giocatori? Che regolarità avrebbe il campionato visto che non si tratterebbe di infortuni di gioco ma dei colpi di una pandemia ben nota a tutti, anche a quelli che s’inventano cambiamenti di norme senza tener conto di ogni variabile?
Ma ce n’è un’altra di domanda da fare. Perché, che necessità c’era di tagliare gli organici proprio a cavallo delle due stagioni più complicate del calcio italiano ed europeo? Perché non si è messo mano invece ad una riforma organica, pensata, ragionata dei campionati coinvolgendo in modo serio e non con qualche comparsata via Skype i protagonisti del calcio?
Domande che meriterebbero risposte che di sicuro non arriveranno perché chi dovrebbe fornirle sarebbe costretto a smentire se stesso, a tornare sui propri passi. A meno che calciatori e buonsenso non facciano il miracolo. Ancora possibile visto che il campionato comincerà il 27 (il 23 la coppa Italia) e il mercato chiuderà i battenti il cinque ottobre.
Intanto però c’è chi la propria risposta l’ha fornita chiara e forte: Stefano Bandecchi che ha riportato a Terni Cesar Falletti. Chi gioca per vincere ed ha un progetto investe. Per questo non merita di essere offeso da certe scelte politiche. Nessuno nega alle società di avere rorganici di 22 o 21 giocatori. Perchè negare ad altre di averne 25 o 26? Difficile spiegarlo, impossibile comprenderlo.
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