C’eravamo tanto amati
Niente a che vedere con il celebre omonimo film del 1874 con Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Stefania Sandrelli e con la regia di Ettore Scola. Tra l' altro un bellissimo film che narrava la storia di tre amici che, dopo la guerra di Liberazione, si ritrovano casualmente in una trattoria romana…
Qui l' incipit "c'eravamo tanto amati" riguarda invece il rapporto ormai irrimediabilmente deteriorato tra Terni, i Ternani e la propria squadra di calcio.
Che questo tracollo riguardi principalmente il calcio in generale è fuori di ogni discussione e i motivi sono ben noti a tutti.
A partire dalla "crisi economica" che attanaglia non soltanto gli italiani, sempre meno propensi a spendere soldi per andare allo stadio, ma anche e soprattutto molti club professionistici, incapaci di agire sul mercato come accadeva fino ad una decina di anni fa e sempre più costretti a vedersi sorpassare dai nuovi magnati del calcio, siano essi Arabi, Russi, Thailandesi, Cinesi.
Per poi passare alla totale inadeguatezza dei vivai, un tempo autentici motori del calcio nostrano, causata dal sempre più consistente tesseramento di giocatori stranieri, mentre in altri paesi, come per esempio in Spagna, le "cantere" sfornano annualmente fior di giocatori da portare in prima squadra.
E da ultimo, ma non per ultimo, il grande problema del calcio italiano rimane legato alla presenza costante degli stessi dirigenti nella stanza dei bottoni; o meglio, i dirigenti cambiano, ma quelli nuovi vengono pescati sempre all' interno di uno stesso bacino, portando sempre le medesime persone a scambiarsi le poltrone, con conseguente naufragio "politico" di ogni progetto innovativo.
Conseguenza logica di tutto ciò è il disamoramento delle tifoserie, aggravato oltretutto dalla costante erosione dei diritti degli sportivi da parte dello stato (dai DASPO di gruppo preventivi, a quelli con obbligo di firma, per arrivare poi alla tessera del tifoso, passando per i divieti di trasferta e di espressione).
E Terni non sfugge alla regola.
Nel corso degli ultimi 13 anni l' afflusso del pubblico allo stadio Liberati è diminuito di più del 60% passando dai circa 8.000/10.000 spettatori di media durante la gestione Agarini, agli attuali 2.500/3.000 della gestione Longarini.
Uniche eccezioni, i derby con il Perugia (con i ben noti risultati…) e le partite con il Taranto e con il Foggia nell' anno della splendida cavalcata di Toscano e dei suoi ragazzi.
Per il resto solo squallore desolante, aggravato dalla diaspora che ha colpito la Curva Est, un tempo tempio incandescente del tifo rossoverde, che ha portato alla quasi totale dispersione della tifoseria organizzata. E questo senza nulla voler togliere (anzi!) a coloro che ancora hanno voglia di convenire sugli spalti dello stadio e, soprattutto, ai ragazzi della Curva Nord, sempre impagabili nel loro tifo incessante.
Aggiungiamo poi almeno un salto generazionale, provocato dalla gestione tutt'altro che "accattivante" della società rossoverde da parte della proprietà marchigiana, le partite di sabato e l' overdose televisiva e il quadro è bello che completo.
Questa analisi superficiale non deve però far dimenticare il sincero dispiacere che cova negli animi di chi ha ancora a cuore le sorti della Ternana.
Leggere sui muri rossoverdi gli sfoghi accalorati dei pochi tifosi rimasti non fa altro che aumentare il rimpianto e la nostalgia per i bei tempi andati, quando la Ternana era ancora motivo di orgoglio e di vanto.
Una rabbia a senso unico quella dei supporters delle Fere, tutta rivolta al "Palazzo di Via Aleardi" additato come unico responsabile della crisi del calcio Ternano, cui fa da contraltare il silenzio "assordante" dei c.d. "dirigenti".
E pensare che basterebbe assai poco per cercare di riacquistare un minimo di credibilità: un sano e finalmente costruttivo confronto con i tifosi, con le istituzioni e con la stampa ternana .
Ma è purtroppo lapalissiano che alla proprietà interessi veramente ben poco di Terni, dei Ternani e, probabilmente, della Ternana, visto il modo di gestire la società assolutamente incomprensibile e spesso addirittura provocatorio.
Al limite ci si potrebbe anche sforzare di capire che, rappresentando la Ternana per Patron Longarini & C. ,oltre che una spesa non indifferente, soprattutto un "fardello obbligatorio" del quale al momento appare impossibile disfarsi , non possa sussistere nelle menti e nei cuori di chi comanda un minimo di passione o di attaccamento ai colori; ma arrivare addirittura a "disdegnare" completamente la realtà sociale che li ospita mi sembra assolutamente ingiustificabile.
Ed in questo contesto sinistro cosa chiedere dunque di più ad una squadra costretta suo malgrado a navigare a vista?
Almeno un po' di quel rispetto che da più di un paio di lustri ci viene negato da chi comanda.
Quindi, non dico amore viscerale per la maglia (non esiste più sa secoli…), ma almeno impegno, professionalità e sacrificio, fino ad arrivare a garantire alla piazza il risultato minimo: la salvezza.
Resta però il fatto ineludibile del drastico ridimensionamento dell'amore dei Ternani per la propria squadra del cuore.
Un ridimensionamento destinato oltretutto ad accentuarsi nel momento in cui venisse mancato da mister Breda e dai suoi ragazzi l' obiettivo della permanenza nella cadetteria.
Perché è inevitabile che una retrocessione in Prima Divisione rappresenterebbe il "de profundis" definitivo per il calcio ternano.
A meno che…?
A meno che la proprietà non intenda seriamente passare la mano.
Ma in questo contesto si brancola letteralmente nel buio, date le notevoli problematiche connesse con la famosa storia delle "quote sequestrate", che – è bene precisarlo una volta per tutte – impediscono al momento una qualsivoglia ipotesi di cessione della società.
Quale potrebbe essere, in effetti, il potenziale acquirente disposto a sopportare un notevolissimo sacrificio economico del tutto ingiustificabile, dato il valore relativamente modesto di una qualsiasi squadra militante in Serie B e, nel nostro caso, data la totale depressione del bacino di utenza?
Certo: ci sono stati degli abboccamenti, l' ultimo dei quali emerso solo nei giorni scorsi dalla nebbia di Via Aleardi e che chiama in causa un poderoso gruppo del nord-est. Ma è roba che risale addirittura alla scorsa estate e che solo oggi è trapelata come notizia (neanche confermata…).
Ed è probabile pure che tuttora qualcosa bolla in pentola , anche se i nomi che circolano in ambienti solitamente ben informati (al di fuori Terni soprattutto) non inducono certo all' ottimismo…
Nulla di nuovo, dunque, all' orizzonte, se non la speranza di rimanere in Serie B, oppure che accada qualcosa di veramente "nuovo"…
Ma, in genere, chi vive sperando, muore…in un altro modo (vedasi celebre aforisma di tal Carl William Brown, che credo voglia lasciar intendere che chi spera troppo, non fa proprio una bella fine…).
Non rimane perciò in conclusione che tornare amaramente al titolo di questo editoriale:
"…c'eravamo tanto amati…"
Cara Ternana nostra…