Cose che possono succedere (ma non così): rendiamo giustizia all’intelligenza
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Ignazio Abate e Stefano D'Alessandro
Verrebbe da dire che tutto e bene quel che finisce bene. Sempre che sia finito: e visto quello che è successo ieri sera, la parola fine non potremmo metterla mai. Quando tutto sembrava deciso, alla fine tutto è stato cambiato. Quando erano state prese delle decisioni in maniera netta e precisa, si è capovolto di nuovo il mondo.
Vista da fuori sembra una grande commedia, dove i diretti interessati cercano – giustamente – di minimizzare l’accaduto, quando invece siamo di fronte a un evento incredibile. Sia nella forma che nella sostanza.
Visto da fuori tutto questo poteva essere evitato. C’era bisogno di esonerare l’allenatore per toccare con mano quando il gruppo squadra fosse unito e quanto fosse pieno di valori e quanto fosse legato al proprio allenatore? C’era bisogno di chiamare Liverani e indire una conferenza stampa il giorno dopo per confrontarsi finalmente con Abate e sviscerare tutte le potenziali incomprensioni (a partire – o finire – come volete voi, con la questione lista)? C’era bisogno di fare nottata per capire quale fosse il bene comune della Ternana? Finora perché il presidente non aveva mai sentito l’esigenza di parlare con il mister, ma ce l’aveva tanto con lui da esonerarlo?
Esonerare un allenatore non è una cosa semplice: prevede la dichiarazione del fallimento di un progetto. Quando si esonera un allenatore significa che niente stava andando come volevi. E siccome il gruppo squadra ha dato una risposta, i risultati hanno dato la stessa risposta, la piazza ha dato la stessa identica risposta, il ds ha dato la medesima risposta con chi si è confrontato il presidente D’Alessandro prima di arrivare a questa decisione?
Liverani è stato contattato formalmente nel pomeriggio (ma era già stato allertato per vie traverse) e in poche ore è stato definito il tutto. Era pronto a tornare a Terni. Poi si capovolge tutto.
Esonerare un allenatore è una cosa che succede. Esonerarlo non per demeriti sportivi ma per questioni personali (da lasciar scivolare via…) è già una cosa che succede molto meno (vista peraltro l’unicità della situazione). Richiamarlo dopo averne annunciato ufficialmente un altro, è una cosa che succede solo nei film, o nelle serie Netflix.
Infatti non è una cosa normale quella che è successa ieri notte nella pancia del Liberati. Tutta la squadra ha voluto parlare con l’allenatore alle 23.30. Poi hanno aspettato il confronto fra allenatore e presidente, quasi tutti, in piedi, lì, fino alla fine. Per sapere come andava a finire. Ha prevalso l’attaccamento alla squadra, al sogno della promozione. Ha prevalso il senso del dovere, l’affetto che si è creato fra compagni e il legame con la città. Finché la situazione non si fosse risolta nessuno era disposto a tornare a casa. Un’insurrezione di spogliatoio, come raramente si è vista nella storia del calcio.
Tanto da convincere prima il presidente a tornare sui suoi passi, poi Abate a riprendere in mano la situazione.
Il presidente dopo aver parlato con Abate, ha lasciato che fosse lui a decidere su tutto (fino a prova contraria). Prima era pronto a cacciarlo, per gli stessi motivi. Ora invece tutto a posto. Anche questa – sinceramente – non ci sembra una cosa che succede spesso.
Ora se ne vorranno parlare i diretti interessati (basta che si renda giustizia anche all’intelligenza dei tifosi) bene. Se non ne vorranno parlare, meglio. L’importante è che si guardi tutti bene verso l’obiettivo, che non si perda di vista la Serie B. Che non si cambi di nuovo idea, visto che ormai tutto sembra possibile. Una società deve mettere un allenatore nelle migliori possibilità di poter lavorare. Che già vincere è difficile: farlo in queste condizioni è praticamente una scommessa. E se dovesse succedere, che la Ternana sia promossa, non diciamo che è una cosa che può succedere, per favore…