Davvero “non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta (cit)”?
Non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta. Non sappiamo se questa frase sia davvero di Cesare Balbo (patriota italiano, fra i fondatori della monarchia costituzionale, primo presidente del Consiglio di quella che poi sarebbe stata l’Italia unita), di sicuro non sembra sia stata recepita dal calcio italiano.
A giudicare da alcuni comportamenti delle tifoserie retrocesse, compresa la nostra. Ci siamo presi un po’ di giorni per esprimere questo concetto, perché la retrocessione ha fatto male a tutti. Fa male soprattutto a noi che in Serie C ci rimaniamo (e chi può dire per quanto tempo).
Fa male per tutti quelli che ci hanno sperato fino alla fine e che hanno creduto alla possibilità di salvezza. Ma come è successo anche a Frosinone, in occasione della retrocessione, il coro “andate a lavorare” obiettivamente ci è sembrato fuori luogo. Abbiamo sempre detto che questa squadra — la Ternana – avrebbe dovuto salvarsi. A un certo punto abbiamo anche detto (tutti, nessuno escluso) che sarebbe stata un miracolo la salvezza.
Questi ragazzi, questo staff, questi dirigenti e questa proprietà ci hanno portato fino agli ultimi 90 minuti dalla possibilità di giocare ancora in B. Quindi se fosse successo sarebbero stati degli eroi e invece senza il risultato in tasca sono dei coglioni? La distanza è così ampia? Per 90 minuti o per quel famoso punto che è mancato durante la stagione?
Sia ben chiaro: il fatto di essersi impegnati non significa che ora tutto va bene e che ogni errore è perdonato. Se la Ternana è retrocessa le responsabilità sono dappertutto, come abbiamo avuto modo di dire nei nostri articoli nei giorni precedenti. Le responsabilità sono della squadra, degli allenatori, dei dirigenti e del presidente. Sono nell’ultima partita, nelle ultime due, nel girone di ritorno, nelle prime 12, nel mercato e nella necessità di contrarre in maniera drastica i costi. Se una di queste cose fosse andata diversamente parleremmo d’altro. Magari anche se non ci fossero stati infortuni, decisioni aribtrali dubbie o i pali. Ma è andata così: e ognuno queste responsabilità se le deve tenere bene a mente. Perché la Ternana è retrocessa.
Ma “andate a lavorare” sinceramente è ingeneroso. Tutti avevano indicato la Ternana come potenziale retrocessa a inizio stagione. E ora che è retrocessa è una banda di falliti? Dopo che questa salvezza è stata accarezzata? Sono sicuramente giovani, inesperti, molli. Hanno certamente avuto un approccio diverso da quello che ci saremmo aspettati. Hanno perso malamente in casa. Ma perché “andate a lavorare”. Lo hanno fatto. E al meglio delle loro possibilità. Forse queste possibilità non erano abbastanza: per qualità tecniche, di esperienza, di scaltrezza.
Quando si ha a disposizione una squadra di giovani si deve mettere in conto questo: oneri e onori. Può succedere che qualcuno si blocchi, che qualcuno soffra, che qualcuno scatti e poi si fermi. Può succedere che alcune letture siano sbagliate. La Ternana aveva come obiettivo (che dopo il primo terzo di stagione era diventata un miracolo) la salvezza. Non ci è riuscita per pochissimo. Ha fallito l’obiettivo. Ma non possiamo considerarlo un fallimento. I fallimenti sono altri. Fallimento sarebbe non farsi trovare pronti in C, dove si deve recitare un ruolo da seria protagonista. Non lottare fino all’ultimo per salvare la categoria.
La Ternana non ha centrato l’obiettivo (come il Frosinone), ma fino all’ultimo ci ha provato con concretezza. E’ come se non avessimo la cultura della sconfitta. Va bene, ci sta, che non si applauda alla fine della partita con la retrocessione addosso (in Inghilterra succede). Ci sta anche esprimere il proprio dissenso, la propria rabbia con i fischi, magari. Ma “andate a lavorare” no, non ci sta. Hanno lavorato. Non sono riusciti, per poco. Non hanno mai mollato. Ognuno secondo le proprie possibilità: che erano quelle di potersi salvare, non di vincere il campionato. Il Bari ha festeggiato come se fosse la finale di Champions e il loro obiettivo era andare in A…