C'è chi, come Indiana Jones, va alla ricerca dell'Arca dell'Alleanza e chi, come la Ternana e i suoi tifosi, di un modo per tornare in corsa, per evitare quello che sarebbe di fatto un dramma sportivo di proporzioni enormi, considerando come ci si arriverebbe e con quali premesse (o promesse), come la retrocessione in Serie C.
Sembrava impossibile a luglio, quando la Unicusano ha rilevato la Ternana, che dopo pochi mesi il rapporto con la piazza, prima piuttosto solido, potesse andare in pezzi come sta succedendo adesso, un'ipotesi più che remota che invece, complici tanti fattori, ha preso forma nella maniera peggiore. Proclami, promesse e premesse del tutto diverse da quello che poi è accaduto, l'esonero di Pochesci al quale molti tifosi erano molto legati, forse fin troppo, le dietrologie, le due sessioni di calciomercato non adeguate, non complete, non accettate dai supporters, la lontananza del patron e l'uso costante di freddi comunicati: tutto questo ha creato e innescato una bomba, ormai difficile da tenere sotto controllo. Eppure ci sarebbe ancora il tempo di fare qualcosa, di ricreare se non altro un clima di tensione produttiva intorno ad una squadra che, in mezzo a queste tempeste e a queste battaglie, cerca di risalire la china, di dare la svolta ad una stagione che al momento promette solo lacrime, e non di gioia. Inutile nascondersi dietro a un dito, la situazione è critica, ma qualcuno dovrà pur fare il primo passo per venirsi incontro e cercare di raggiungere quello che tutti vogliamo, nessuno escluso.
Quello che ci sentiamo di chiedere al patron Bandecchi è la massima trasparenza: ci piacerebbe che la conferenza stampa di questa mattina servisse davvero a spiegare i retroscena di questa stagione fatta di rimpianti, di speranze tradite, di disillusione e di scivoloni. Vorremmo che il proprietario della Ternana si mostrasse senza la sua corazza, che facesse
capire alla città dove la società ha sbagliato, senza alibi, che tanto ormai non servono più, ormai servono i fatti.
Dall'altra parte, però, vorremmo una platea aperta, senza pregiudizi e senza paraocchi, che possa ascoltare davvero quello che il patron avrà da dire, per decidere poi se essere d'accordo o meno, se dare fiducia ancora una volta o se andarci coi piedi di piombo. Ascoltare non vuol dire abbassare la testa e dire di si senza ribattere, quello che vorremmo è che ancora una volta si provasse a portare avanti un confronto sereno, teso ma intelligente.
Nessuno ha la presunzione che si vada d'accordo per forza, ma la speranza è che le differenze di vedute vengano esposte senza pregiudizi, da una parte e dall'altra.
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