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Il paradosso della paura

Verrebbe da dire che la Ternana domani dovrebbe affrontare il Ravenna senza timore, a testa alta e con la sfrontatezza di chi sa che può fare molto meglio di come ha fatto fino ad oggi; verrebbe da scrivere che la paura questa squadra dovrebbe finalmente lasciarla in albergo, sul pullman o negli spogliatoi e che in campo dovrebbe portare solo la voglia e la grinta. Già, verrebbe, eppure a pensarci bene a quello che la Ternana sta vivendo potremmo dare un nome altisonante, uno di quelli che richiama le teorie scientifiche di qualche grande mente illuminata: si è venuto a creare il paradosso della paura. 

Nomi altisonanti a parte, il paradosso della paura sta tutto nel fatto che dopo una stagione così strana, difficile, deludente (ognuno scelga l'aggettivo che preferisce o ne aggiunga di suoi) ancora oggi, a due giornate dal termine, non si è riusciti a capire se i rossoverdi questo famoso timore che dimostrano di avere se lo debbano lasciare a casa o, al contrario, se debbano portarselo in campo. Da un certo punto di vista infatti vien sempre da dire che sarebbe ora che questa squadra smettesse di avere paura, che ritrovasse fiducia e consapevolezza nei propri mezzi, in quelli che seppure in meno occasioni di quanto sperato ha dimostrato di avere. La Ternana che si sente e si dimostra insicura l'abbiamo vista e proprio non ci è piaciuta, commette errori, spreca occasioni e gioca come se il pallone scottasse fra i piedi, e francamente questo atteggiamento non ha portato molto lontano. 

Eppure, giunti a 180' dal termine della stagione, con lo spettro playout tanto vicino e con una retrocessione che, seppure più lontana, addensa le sue nere nubi sopra al Liberati in maniera minacciosa, viene da chiedersi se un pizzico di timore non possa far bene a questa Ternana. Per essere più chiari: questa squadra non deve sentirsi insicura, ma deve comunque tenere bene a mente quello che sta rischiando e di conseguenza averne paura, sapere che un insuccesso avrà delle conseguenze. Non prendeteci per fomentatori di odio e antisportività, e nemmeno per iettatori e gufi, ma ci stiamo domandando se ormai non sia bene che i rossoverdi capiscano e sentano la paura che serpeggia sugli spalti del Liberati, quel malcontento misto a rassegnazione che dovrebbe essere la spinta per fare bene, meglio, per ritrovare orgoglio e scacciare il malumore, provarci almeno. 

Insomma, il paradosso della paura: giocare senza averne eppure tenerla sempre bene a mente. 

Marina Ferretti

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