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La favola di Salif Dianda

i voleva proprio la vittoria sul Crotone e perché la sconfitta di Varese aveva amareggiato un pò tutti e perché con la classifica corta che regna in B iniziare con una bella vittoria sarebbe stato, come lo è stato, come rigenerare l’ambiente ed i giocatori sul piano del morale.

Ma non vogliamo parlare della partita anche se ci sarebbe da sottolineare come la squadra non possa rischiare di compromettere una vittoria ormai acquisita con un atteggiamento esageratamente spregiudicato. 

Vogliamo, invece, mettere in evidenza una favola, una di quelle che fanno bene al calcio perché intrisa di sentimenti, di sacrifici, di ansie e di paura nonché di grande felicità per l’esito finale.

E’ la favola che ha per protagonista Salif Dianda, ma con lui tanti altri protagonisti, secondari ma tutti utili per la felice risoluzione della vicenda iniziata nel mese di marzo del 2012 e conclusasi il 17 gennaio con il ritorno in  squadra in una partita ufficiale di serie B.

Quant’acqua è passata sotto i ponti da quella maledetta serata e da quello scomposto, si fa per dire, intervento di Caracciolo che ha rischiato di rovinare la carriera di un collega, di un ragazzo leale, combattivo, ma corretto che si è visto tarpare le ali per tanti e tanti mesi.

Fortunatamente si è concluso tutto nel migliore dei modi, ma non possiamo non ricordare quei primi passi nel novembre del 2013 intorno al terreno di gioco del Mirko Fabrizi di Gabelletta. Abbiamo ancora davanti agli occhi quell’immagine, simile a quella di un bambino che muove i suoi primi passi, ma con difficoltà. Deve essere stata dura superare quei momenti per uno come lui abituato a correre su e giù sulla fascia con una generosità difficilmente riscontrabile. Era  tutto in divenire, era tutto ancora incerto, tutto appeso ad un filo. Il filo della speranza.

Un alternarsi di giornate tra Villa Stuart ed il campo di allenamento dove ha incontrato il suo “ angelo custode “ che lo incoraggiato, lo ha spronato, gli ha dato delle speranze contrariamente a chi, invece, emetteva delle sentenze tremende da mandar giù, da metabolizzare.

E Salif ha creduto nella serietà del suo angelo custode, il preparatore atletico rossoverde, Edoardo Renosto, ed ha seguito alla lettera tutti i suoi consigli, tutte le esercitazioni suggerite registrando progressi visibili anche agli occhi di chi quotidianamente segue gli allenamenti della Ternana. 

Quei progressi fanno sbilanciare anche il professor Renosto che segnala la data del gennaio 2015 come quella del possibile recupero definitivo di Salif che, però, si supera, intensifica ulteriormente il lavoro e con un  mese di anticipo è già pronto. L’esordio con la Primavera è già un passo importante, ma quello che avviene il 17 di gennaio è il secondo esordio con la maglia rossoverde.

Cosa sia balenato nella sua testa al momento in cui Tesser lo ha chiamato per schieralo in campo è difficile immaginarlo anche se lui stesso nelle interviste del dopopartita ha parlato di un miscuglio di sensazioni difficili da esternare.

Poi l’ingresso vero e proprio in campo e quel bagno di affetto dei tifosi che lo hanno ripagato di tanti sacrifici fatti, di tante paure e di tante ansie provate. Non c’era tempo, però, per fermarsi a riflettere ed allora Salif ha incominciato a “bruciare” con la sua corsa quella fascia a lui tanto cara, la destra, e a contrastare anche con buona efficacia gli avversari dimostrando che quel marzo di due anni fa faceva ormai parte dell’album dei brutti ricordi. Salif era tornato prepotentemente e con tutta la sua generosità e classe. 

E come tutte le favole avrebbe dovuto riservare un finale felice con i tre punti conquistati e con lui a saltare, a festeggiare sotto le curve non solo la vittoria della Ternana ma anche quella sua. Ci pensa, però, il guastafeste di turno, Fabio Maresca, che lo espelle ingiustamente tra i fischi di disapprovazione del pubblico.

Lì per lì se ne dispiace perché lascia la sua squadra in dieci, ma una volta terminata la partita, incamerati i tre punti, dà sfogo alla sua saggezza pronunciando quella frase che rimarrà storica ovvero “ chi se ne frega dell’espulsione “.

E’ un modo come un altro per dire che nonostante la scellerata decisione di Maresca lui è tornato a giocare, ad allietare la sua vita e quella dei suoi cari con il suo lavoro.

E dell’epilogo ne trae beneficio anche la società rossoverde che si ritrova un giocatore, ma di quelli importanti, di più in rosa. Del resto ha creduto nel ragazzo e non lo ha lasciato solo anche nei momenti più difficili, più delicati, quando il pessimismo regnava sovrano. Il patron addirittura gli ha fatto visita a Villa Stuart, segno evidente della simpatia che con il suo comportamento e con la sua semplicità ed umiltà il giocatore suscita. 

Bentornato Salif, è proprio il caso di dire!

Ivano Mari

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