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La “sindrome” del Liberati

C' era una volta un fortino inespugnabile: lo Stadio Libero Liberati di Terni.

Uno stadio oggi scomodo, fatiscente, con gli spalti troppo lontani dal campo, limitato nella visibilità da quell' assurda e mai utilizzata pista di atletica, che però a quei tempi andava realizzata per forza, perchè altrimenti non sarebbe stato possibile accedere ai finanziamenti del Credito Sportivo.

Ricordo ancora (ero un ragazzino) la partita inaugurale: era il 24 agosto del 1969 e la Ternana affrontò la squadra brasiliana del Palmeiras, perdendo per 2- 0 (ma era scontato).

Era una giornata caldissima e sugli spalti c'erano 20.000 spettatori; lo stadio era bello, innovativo (per quei tempi) e, anche se ancora non erano state completate le 4 curve e la San Martino (ciò sarebbe avvenuto soltanto quattro anni dopo, all' epoca della prima storica promozione in Serie A della Ternana di Viciani) il colpo d'occhio era veramente da mozzafiato!

Da quel giorno sono passati 46 anni e quel campo (tra l' altro, fino a pochissimi anni fa il miglior fondo erboso d' Italia) ha visto le gesta di tanti e tanti autentici campioni in maglietta rossoverde: il campione del mondo Selvaggi e poi Longobucco, Garritano, Liguori, Bagnato, Valigi, Di Canio, Agostini, Grandoni, Ricchiuti, D' Amico, Grabbi, Miccoli, Zampagna, Jimenez (il più forte di tutti i tempi), Frik, Kharja e tanti altri…

E su quella nobile panchina si sono accomodati fior di allenatori, a cominciare dal mitico "maestro" Viciani e poi l' ex allenatore della sfortunata Nazionale del 1966 Edmondo Fabbri, un altro C.T. dell' Italia, Cesare Maldini, quindi Marchesi, Ulivieri, Claudio Tobia (un' altra "icona" rossoverde), il compianto  Clagluna, Gigi Del Neri, Agostinelli, Beretta, Tesser…

Lo stadio, l'ho già accennato, era  (ed è)  dispersivo, ma l' incandescente calore del popolo rossoverde, che sembrava quasi scaturire dagli altoforni delle Acciaierie, riusciva ad annullare le distanze e per qualsiasi squadra avversaria scendere al Liberati rappresentava sempre un vero e proprio incubo.

Quante partite la Ternana è riuscita a vincere grazie al sostegno  bollente, quasi rabbioso, dei propri tifosi?

E quella curva, la "Curva Est" e i suoi magnifici, indimenticabili "Freak Brothers" (uno dei primissimi gruppi di tifosi organizzati d'Italia), quante volte c'ha fatto emozionare, palpitare, PARTECIPARE alle esaltanti imprese delle nostre FERE?

Ricordo ancora con commozione i quarti d'ora interi passati dai Freak a cantare incessantemente l' incitamento alla squadra battendo il tempo sulle ringhiere dello stadio, sulle note di quel vecchio pezzo dei Beatles: "Yellow submarine"…

Per qualsiasi avversario vincere in quello stadio, al Liberati, era praticamente come cercare di scalare l' Everest in jeans e maglietta!

E quelle rare volte che succedeva, scoppiava il finimondo (chiedere informazioni in proposito a tale ex arbitro Farina, "indimenticabile" direttore di gara di una celeberrima Ternana-Torino di qualche anno fa…)!

Ma oggi?

Certo – qualcuno mi dirà subito –  i tempi sono cambiati, il calcio in particolare è cambiato; oggi c'è SKY, c'è la crisi, il calcio non è più quello di una volta; e poi basta con questo stucchevole riandare ai tempi andati…!

Senza dimenticare che il calcio a Terni è stato assassinato da chi per almeno 12 anni ha letteralmente schiacciato sotto i propri piedi Terni, i Ternani e i Tifosi della Ternana, al punto da far saltare almeno una generazione di tifosi.

E poi le lotte intestine in seno alla "curva", che hanno portato alla clamorosa (e, mi sia concesso, controproducente) scissione tra i tifosi, con conseguente trasferimento di parte consistente della vecchia Curva Est, in Curva Nord.

Tutto vero, per carità!

Ma chi ha veramente a cuore le sorti delle Fere, chi ha vissuto sulla propria pelle gli esaltanti momenti delle promozioni e lo sconcerto e il dolore delle retrocessioni e dei fallimenti, chi è passato dagli spalti di San Siro, alla terra battuta di Ladispoli senza battere ciglio e sempre con lo stesso entusiasmo e attaccamento ai colori rossoverdi, non può non domandarsi basito il perchè il Liberati sia diventato terra di conquista per qualsiasi squadretta (e anche quest' anno ne stiamo vedendo tante, "Real" Perugia compreso).

In un solo anno e due mesi il nostro "fortino" è stato violato per ben 14 volte, cioè esattamente per la metà delle partite disputate a Terni (28)!

Di chi è la colpa?

Della società sempre più confusa e confusionaria? Dei giocatori e dei tecnici attuali, che certo non sono nemmeno i lontanissimi parenti di quei "signori" a cui accennavo all' inizio di questo editoriale? Dei tifosi che oggi non vengono in più di 3.000 allo stadio e che si spaccano, litigano, fischiano al primo errore, contestano, insomma non tifano più?

Non possedendo nè il dono della chiaroveggenza, nè la panacea di tutti i mali, non posso far altro in questa autorevole sede, che coraggiosamente ospita le mie astruse riflessioni, di rivolgere un appello a tutte tre le componenti sopra citate.

Alla società, al Patron, nonchè all' attivo e apprezzabile Amministratore Unico, perchè svestano finalmente i panni del pressapochismo e dell' improvvisazione e si decidano ad operare, invece, come si compete ad una una Società Calcistica degna di questo nome, dimostrando con i fatti la volontà di cancellare l' onta di dodici anni di fango gettato sulla faccia dei Ternani da quegli stessi "dirigenti" che, comunque, erano diretta emanazione della medesima "Famiglia" .

Al tecnico e agli attuali giocatori, perchè ci mettano anche in casa quelle stesse "palle" che dimostrano di far funzionare in trasferta, senza accampare puerili scusanti tipo "la sindrome del Liberati", perchè mi rifiuto di pensare che quei  ragazzoni in salute e straordinariamente fortunati si lascino suggestionare da 3.000 spettatori lontani e "sfastidiati", al punto da farselo mettere "sotto la coda" al primo starnuto avversario.

Ai tifosi, infine; a quei pochi, ma straordinari, tifosi che ancora hanno il coraggio di andare allo stadio a tifare le Fere, affinchè continuino a farlo nonostante tutto, sostenendo la squadra fino alla fine con quel poco fiato che gli resta in corpo, tralasciando, magari, di inveire al primo intoppo, perchè così facendo autorizzerebbero quei bravi figlioli in campo e il loro brillante condottiero  a sostenere che la "sindrome del Liberati" esiste davvero! 

E ora facciamoci 'sta passeggiata a Crotone…

E che Dio ce la mandi buona!

Massimo Minciarelli

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Massimo Minciarelli

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