Fino a qualche mese fa la Ternana non era costruita per andare in serie A, c’erano squadre più forti, i giocatori non ci “soffiavano” e era meglio una presidenza meno invadente anche se meno ricca.
Oggi dove vai sei i soldi non ce li hai, ma perché bisogna risparmiare, sono andati via i migliori, quest’anno retrocediamo, co tutti sti regazzini che ce dovemo fa.
Non sappiamo se tutti i tifosi la pensano così. Sicuramente la pensano così quelli più rumorosi, quelli più polemici. A Terni sembra che non vada bene mai niente. Ogni cosa ha la sua criticità e si tendono sempre a sottolineare i fattori negativi anziché quelli positivi.
E così le passate stagioni i giocatori buoni che arrivavano erano sempre rotti, oggi invece anche se sono sani non hanno mai giocato in serie A. Ieri Bandecchi non poteva barattare l’educazione con i soldi, oggi invece la potenza economica è l’unico tratto con cui giudicare un presidente. E via così.
Magari non sono sempre le stesse persone, ma alle volte si. E questo è incomprensibile. Come se non si volesse mai capire il contesto, come se l’erba del vicino debba necessariamente essere sempre più verde.
Oggi ci accorgiamo che Partipilo, Donnarumma, Palumbo, Pettinari, Coulibaly, Di Tacchio o Defendi erano giocatori importanti per la categoria e diventano improvvisamente un punto di riferimento per giudicare gli altri. Così come Corrado e Diakité (i due giovani d’oro della Ternana) diventano un termine di paragone.
Per carità è anche giusto che sia così: il problema è che lo scorso anno (o gli scorsi anni) c’era sempre qualcosa che non andava in ognuno di quelli sopracitati e ora che non ci sono più invece sale il rammarico.
Beninteso che peraltro non sono andati via perché considerati scarsi dalla nuova proprietà ma perché i costi di gestione e la strada imboccata da Bandecchi non è certamente la stessa di quella che vorrebbe percorrere Guida. Spese più contenute, più giovani e magari stesse ambizioni. Nel calcio non c’è una sola ricetta per vincere.
Ma la coerenza dovrebbe però essere un valore. Perché nessuno deve avere paura a dire che la squadra dello scorso anno era forte e allo stesso tempo essere fiducioso di questa.
Qualsiasi paragone (soprattutto sulla carta) sarebbe impietoso. E anzi la squadra ha bisogno di una tifoseria che dimostri di crederci. Di supportare questo gruppo di ragazzi, in molti casi poco più che 20enni, nella crescita.
Per quanto forti possano essere si passeranno dei momenti di appannamento. Dovranno essere messi nelle condizioni di superare le pressioni, di saper gestire le emozioni. Alcuni di loro vengono dalla Primavera direttamente, alcuni hanno appena 19 anni. Si troveranno a fare i conti con il calcio dei grandi o con una grande piazza. Ci sarà bisogno di un ambiente che li sostenga, che li carichi e che li capisca. Non tutti saranno fenomeni, ma qualcuno sarà sicuramente bravo e avrà futuro.
E non ci sarà neanche bisogno di dover sottolineare che la squadra è troppo giovane: è sempre stato l’obiettivo del nuovo presidente. Giovani di prospettiva. E le critiche preventive andrebbero lasciate da parte.
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