Non era mai entrato in uno stadio di calcio Stefano Bandecchi. Ci è entrato due volte in tre giorni per vedere la Ternana contro Venezia e Brescia. Si deve aggiungere la visita nell’allenamento domenicale all’antistadio a cavallo tra i due impegni. Può voler dire una cosa sola: il patron del gruppo Unicusano e della Ternana è consapevole del momento delicato e con la sua presenza ha voluto spronare la squadra, che era reduce dai due ko di Chiavari e Bari. Lo ha fatto anche negli spogliatoi tra primo e secondo tempo e al termine di entrambe le partite.
Dopo l’1-1 con le Rondinelle è arrivato in sala stampa visibilmente contrariato e innervosito. Ha assistito alla conferenza stampa del mister Pochesci e poi, con un repentino ripensamento, invece di andarsene, si è seduto davanti ai giornalisti per lanciare un messaggio forte e preciso. Ha “attirato su di sè l’attenzione” (come è in voga dire da quando Mourinho ha imposto, o rilanciato, un certo modo di porsi e di comunicare di fronte ai mezzi di comunicazione) e in un colpo solo ha chiesto tempo alla piazza, ha ribadito la propria fiducia al mister, alla squadra e all’intero gruppo di lavoro e con immagini forti ed evocative (“il sangue agli occhi”, “il nostro avversario che era bello grosso”) ha descritto una partita con toni forse fin troppo enfatici per un pareggio, utile sì alla causa dopo tre sconfitte di fila, ma raggiunto al cospetto di una compagine da metà classifica e nulla più e soprattutto priva di diversi titolari. Da vero leader, ha voluto esagerare per difendere l’operato suo e dei suoi uomini.
Ma il monologo del patron sarebbe stato di certo più ricco se si fosse tramutato in un seppur breve contraddittorio. Ad esempio, sarebbe stato interessante sapere da Bandecchi se ritiene la squadra costruita fino ad ora con un mercato che si potrebbe definire “oculato” in grado di raggiungere l’obiettivo playoff dichiarato a inizio stagione. Ancora, sarebbe stato interessante poter chiedere, e sapere, se la società è intenzionata ad intervenire sul mercato di gennaio in modo più dispendioso di quanto fatto a luglio-agosto, nel caso si ritenga che ce ne sia bisogno ovviamente. Dulcis in fundo, poteva essere l’occasione giusta per chiedere se davvero il completamento del closing, ovvero il passaggio a Unicusano delle azioni fino a pochi giorni fa poste sotto sequestro dal Tribunale di Roma e quelle ancora in mano alla Esperia Servizi Fiduciari, entro il mese di dicembre anzichè nei due anni ipotizzati all’inizio delle trattative tra Longarini e l’Ateneo, possa spiegare da una parte il mercato “oculato” condotto fino a qui e dall’altra la possibilità di investire maggiori risorse nella prossima sessione di gennaio, con la proprietà della Ternana al 100% nelle mani di Bandecchi.
Sono domande lecite a cui, appena possibile, il patron o chi per lui non si sottrarranno. Perchè, piacciano o no, i nuovi proprietari della Ternana la faccia ce l’hanno fin qui sempre messa e non c’è dubbio che continueranno a farlo. La faccia e la presenza sono un fattore da non sottovalutare per chi ha passato gli ultimi anni lamentando una pressochè totale mancanza di interesse e partecipazione da parte di chi invece doveva avere tutto l’interesse a seguire le vicende in casa rossoverde. La parola finale sul giudizio, che resta per ora ancora sospeso, la darà solo il campo e i risultati. Per impietosi, inappellabili, giusti o sbagliati che siano, purtroppo nel calcio a contare sono soprattutto, se non soltanto, quelli. A grossi investimenti non sempre corrispondono risultati importanti, e la storia del calcio è piena di casi che si possono tirare in ballo. Viceversa, ad investimenti “oculati” non sempre corrispondono risultati mediocri. Ma per fare “le nozze coi fichi secchi” serve unità d’intenti, spirito di gruppo, fiducia, capacità e voglia di gettare sempre il cuore oltre l’ostacolo.
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