Morte del calcio

Sabato scorso, uscendo dal Liberati subito dopo la rocambolesca vittoria delle Fere contro il Trapani, mi aspettavo di vedere sui volti dei pochissimi tifosi presenti nei Distinti A (il settore che ospita, suo malgrado, il sottoscritto…) non dico la gioia, ma almeno la tangibile soddisfazione per l' insperato successo maturato in Zona Cesarini. 

Niente di tutto questo.

Sarà stato il freddo pungente o qualcos'altro, fatto sta che la gente discendeva gli scaloni dello stadio nel più assoluto silenzio, tentando quasi di fuggire prima possibile da quel teatro diventato improvvisamente così scomodo…

Anche lungo i viali antistanti il Liberati i pochi tifosi che avevano presenziato alla partita sembravano più preoccupati di tornare nel minor breve possibile alle loro occupazioni, piuttosto che fermarsi a festeggiare la preziosissima vittoria dei ragazzi di Breda.

E pensare che in altri tempi un risultato come quello maturato contro la formazione siciliana avrebbe provocato capannelli di tifosi entusiasti, tutti restii a lasciare la "scena del crimine" e magari pronti anche a festeggiare i giocatori all' uscita dallo stadio…

E' vero, sono cambiati i tempi e di questo ho già parlato nell'ultimo editoriale, ma il mio vecchio cuore rossoverde non può non rimpiangere i bei tempi andati, quando la Ternana era veramente una delle ragioni "di vita" dei ternani.

Oggi, invece, stiamo assistendo ad una lenta, inarrestabile agonia del calcio rossoverde (nonché, in generale, di quello italiano), neanche definibile come un' "eutanasia", ma, per meglio dire, come una sorta di "menefreghismo collettivo" che, se ancora non tocca i 2.500 impavidi eroi che, pur senza entusiasmo, continuano a seguire le gesta della squadra di casa, coinvolge purtroppo tutto il resto della città e zone collegate.

Ricondurre tutto questo alla mal tollerata e discussa gestione Longarini mi sembra sinceramente riduttivo.

La proprietà in proposito ha tutte le sue belle colpe (che conosciamo bene) e, di sicuro, i "dirigenti" continuano imperterriti a fare un bel NULLA per riavvicinare i tifosi alla Ternana.

Resta però il fatto ineludibile che la Ternana, intesta come emblema della c .d. "Ternitudine" al pari di San Valentino e della Cascata delle Marmore, dovrebbe essere amata e seguita a prescindere da chi la guida, pur negli sfracelli gestionali che si sono abbattuti ripetutamente sulle spalle dei Ternani.

Nè vale a tal proposito il discorso della "crisi", perchè la nostra città di periodacci neri ne ha attraversati tanti anche nel passato; eppure la domenica (quando si giocava di domenica…) gli spalti dello stadio erano sempre pieni e i soldi per il biglietto della partita, nonostante le difficoltà economiche, comunque ci scappavano sempre.

Allora il problema, evidentemente, è più diversificato.

Certo, oggi come oggi il calcio ha effettivamente perso tanto in termini di fruibilità diretta, visto che siamo quotidianamente inondati di partite senza soluzione di continuità, al punto da provocare nell' utente quasi una forma fastidiosa di nausea.

Se poi aggiungiamo il fatto che spesso e volentieri gli spettacoli offerti sono di mediocre qualità, il quadro è completo e tale da giustificare la sempre più crescente disaffezione del pubblico.

Ma non basta: a Terni tocchiamo con mano anche la crisi che attanaglia il mondo degli "ultras".

A questo livello i famosi Freak Brothers sono stati la stella polare per tutta la tifoseria italiana, nonché elemento fondamentale e trainante del tifo rossoverde.

Poi, purtroppo, alla costante erosione dei diritti da parte dello Stato (dai Daspo di gruppo a quelli preventivi, da quelli con firma fino alla Tessera del Tifoso, passando per il divieto di trasferta e quello di espressione), il movimento "ultras" (inteso in senso generale), evidentemente già sfaldato, non ha saputo dare alcuna risposta efficace se non sterili slogan.

A Terni poi si sono inseriti ulteriori elementi di disgregazione, che hanno portato alla "morte" della mitica Curva Est, da sempre cuore pulsante ed incandescente della tifoseria Ternana.

In ogni caso, a mio modesto avviso, l'attuale mancanza di calore e colore delle curve è dovuta soprattutto alle sempre più rigide restrizioni in materia di organizzazione logistica, coreografica e vocale del tifo e rappresenta quindi un altro aspetto decisivo della crisi del nostro calcio.

Sui cosiddetti tifosi "normali" non vale neanche la pena spendere quattro parole, vista la loro totale assenza dal dibattito.

Aggiungerei a questo punto un ultimo motivo di riflessione.

Così come la classe politica italiana, anche i vertici del calcio nostrano sono lo specchio della nostra società.

Mentre altrove, per esempio, si fanno progetti concreti e validi sull'accoglienza e sull'antirazzismo, in Italia la Figc è comandata da un soggetto che in campagna elettorale ha detto che i neri mangiano le banane…

In un paese civile l'avrebbero preso a pedate e costretto alle dimissioni; qua invece due presidenti su tre lo hanno difeso perché aveva già promesso loro chissà che cosa (…) in cambio dell'appoggio elettorale. Ma, se invece di chiamarsi come si chiama e fare una stupida battuta razzista, si fosse chiamato "Rossi" e fosse stato "politically correct", la sostanza sarebbe rimasta la stessa.

Chi sta nei posti di potere della sesta industria italiana per fatturato non ci sta per merito proprio, ma grazie ad appoggi politici o imprenditoriali, tessuti sempre nella logica del "do ut des".

Esattamente come in politica. Perché il calcio è diventato anche politica, oltre che business per pochi eletti.

Poi ci si mette pure l' allenatore del Napoli Sarri con la "perla" collezionata martedì sera…e la prossima "morte" del calcio diventa, a questo punto, più che annunciata.

 

Riflettete, gente…Riflettete…