Non fa male, ma chiamatelo rammarico

Non fa male, ma chiamatelo rammarico

Eppure alla fine resta il rammarico, nonostante una salvezza da conquistare consigli di guardare avanti e restare concentrati. Rammarico non per il punteggio, per un pareggio tutto sommato giusto nonostante la traversa colpita da Gavazzi resti la palla gol più evidente della partita. Resta il rammarico perché il derby ha detto quello che poteva essere e che non sarà, in campo e fuori. Nei 180 minuti fra andata e ritorno contro il Perugia, infatti, la Ternana non è mai stata inferiore alla squadra di Camplone. Non lo è stata all'andata quando ha saputo rimontare due volte, più forte anche di decisioni arbitrali assurde. Non lo è stata al ritorno con il Perugia, lanciato in piena lotta per i play off e distante dieci punti in classifica, incapace di creare occasioni da gol se non con tiri da fuori. Una squadra giovane e inesperta, allestita senza un progetto e con lacune evidenti a cui in fase di mercato non si è voluto porre rimedio: ecco cos'è la Ternana oggi, quella stessa Ternana che non ha mai sofferto il Perugia, che una settimana fa è stata in grado di vincere a La Spezia e un mese fa ha perso pur giocando alla pari contro il Carpi capolista. Quella stessa Ternana, però, che in questo campionato ha avuto lunghi momenti di black out che l'hanno fatta scivolare ai margini della zona play out, in piena lotta per non retrocedere. E qui sta il rammarico, perché bastavano pochi innesti mirati per permettere al gruppo di Tesser di puntare a qualcosa di più di una salvezza tranquilla. Bastava, solo per restare a gennaio, puntellare una difesa che non ha praticamente mai schierato Ferronetti, che ha potuto contare raramente su Bastrini e che ha perso Masi sei mesi fa. In pratica quella che avrebbe potuto essere la difesa titolare. Bastava, per restare al mercato di riparazione, trovare gol alternativi ad Avenatti invece di puntare su due giocatori come Milinkovic e Dugandzic che a Tesser non sono serviti a nulla. Bastava insomma volerlo, per essere oggi in tutt'altra situazione di classifica. Bastava voler dare un motivo al pubblico ternano per tornare a riempire il il Liberati, aggiungo, un motivo che non fosse soltanto il richiamo del derby. Perché se ieri in 12mila persone hanno risposto alla chiamata della partita più importante della stagione, non può che restare il rammarico pensando alle poche migliaia di spettatori che di norma affollano i gradoni dell'impianto ternano dove i rossoverdi in questa stagione hanno rimediato otto sconfitte a fronte delle sole cinque vittorie. Il fuoco della passione, ha detto la settimana culminata con il derby, a Terni non si è certo spento. Basterebbe saperlo alimentare, ma forse è troppo chiederlo ad una società a cui sta a cuore soltanto il disimpegno e il contenimento dei costi, una società che in questi anni non ha lesinato insulti e frecciatine verso i propri tifosi e a cui è bastato andare incontro ad una delle tante richieste rimaste inascoltate in queste stagioni, quella dei pantaloncini neri, per suscitare entusiasmo. Passato il derby, allora, resta il rammarico e una salvezza ancora da conquistare. Con sei partite ancora da giocare serviranno altri sei punti, potrebbero bastarne di meno ma vista la situazione negli scontri diretti è meglio non rischiare. Fare calcoli è sbagliato, serve raggiungere quota 50 il prima possibile. Il primo crocevia sarà a Catania, squadra in crescita che sta risalendo la classifica in fretta. La Ternana ci andrà senza Popescu e Meccariello, che si aggiungono agli assenti storici, ossia senza gli ultimi difensori centrali che le restavano. Eppure, anche in situazione di emergenza continua, la squadra di Tesser non subisce gol da tre partite di fila (Bari, Spezia e Perugia). Per dire del rammarico e di ciò che si poteva fare e non si è voluto.