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Presidente, vorrei cortesemente spiegarLe…

Le Fere si sono salvate. Grazie Mister! Grazie ragazzi! 

Ed ora ci sarebbe tutto il tempo di questo mondo per coniugare un verbo che la società Ternana Calcio sembra non conoscere:

PROGRAMMARE.

A beneficio della proprietà, mi permetterò in questa sede di svolgere une brevissima lezione di "semantica" e poi di "psicologia/sociologia", cominciando con lo spiegare il significato del primo termine:

la semantica, come è noto, è quella parte della linguistica che studia il significato delle parole, degli insiemi delle singole lettere, delle frasi e dei testi.

Ciò premesso, svisceriamo ora "semanticamente" il significato del verbo "programmare" e cioè:

organizzare secondo criteri prestabiliti in vista di un fine; pianificare.

Ed inoltre: avere intenzione di fare qualcosa, mettere in programma.

A questo punto, avendo chiarito il significato delle parole di cui sopra, da operatore dell' informazione quale sono e mi ritengo, porrò qui di seguito alcune domande ad Edoardo Longarini, patron della Ternana Calcio o, in alternativa, a Simone Longarini, Amministratore Unico della società rossoverde o, in subordine, a Stefano Dominicis, Amministratore Delegato della stessa (non mi sembra ci siano altri autorevoli interlocutori cui proporre i quesiti in questione).

Egregi Signori: avete l' intenzione di "organizzare" la Ternana Calcio secondo criteri prestabiliti in vista di un fine?

Avete il proposito di "pianificare" una qualsivoglia strategia?

Avete intenzione di fare qualcosa?

Coltivate la volontà di mettere in programma un progetto possibilmente serio e costruttivo?

Naturalmente, dati gli usi e costumi dei "Signori di Via Aleardi", queste domande non avranno risposta.

E allora proviamo ad immaginare.

Se la risposta agli angosciosi ed imbarazzanti quesiti sopra proposti fosse " sono affari che non ti devono riguardare e che non devono interessare la comunità ternana", risponderei immediatamente all' improbabile interlocutore che, da che mondo è mondo, un conto è amministrare una qualsiasi  società imprenditoriale "privata", un altro conto è gestire una società calcistica inserita da quasi un secolo nel tessuto cittadino e i cui "utenti", che usufruiscono del servizio fornito (spettacolo calcistico) pagando biglietti e abbonamenti, sono gli stessi cittadini di Terni e zone collegate.

Ma la società  potrebbe replicare a questa affermazione sostenendo che il tifoso che paga il biglietto/abbonamento ha solo il diritto di applaudire o di fischiare a seconda del gradimento dell' evento, ma non deve ficcare il naso negli affari relativi all' organizzazione e/o gestione amministrativa dello "spettacolo".

A questa osservazione replico eccependo che, trattandosi di società calcistica, ritengo che chi paga il biglietto abbia invece tutto il diritto di sapere come spende i suoi soldi e, soprattutto, di usufruire delle necessarie, dovute informazioni anche sul modo di gestire l' impresa che percepisce il suo denaro, sulle sue attività e sui programmi futuri.

E questo sul presupposto che un' azienda che opera nel mondo del calcio si inserisce necessariamente in un contesto sociale consolidato, che ne rappresenta ELEMENTO FONDAMENTALE E PRIVILEGIATO.

In pratica, un sodalizio operante imprenditorialmente in questo tipo di settore non può mai considerarsi  un "corpo estraneo" rispetto al tessuto sociale che lo ospita, avendo al contrario obbligo istituzionale ed etico di confrontarsi abitualmente ed esaustivamente con lo stesso, se non altro in conformità ad ineludibili principi di rispetto, di giusta considerazione e di educazione.

Tale assunto trova conferma anche in sociologia e psicologia , ove si consideri l' impatto "sociale e psicologico" che il calcio opera sulla persona.

Piccola, ulteriore lezione.

Mi permetto di spiegare sommessamente al Presidente, o a chi per lui, che le persone hanno spesso bisogno di dimenticare la propria identità individuale per sentirsi parte di una identità diversa, di un "IO COLLETTIVO" nel quale l' IO del tifoso si fonde in un "TUTTO UNICO".

Un individuo che si sente parte di un "io collettivo" si trova in una situazione psicologica particolare in cui prova delle emozioni molto forti, amplificate da fenomeni di contagio psichico.

In sintesi, quando un individuo dimentica la propria identità personale (come avviene nel corso delle partite di calcio) perde in gran parte la percezione individuale della realtà, che viene sostituita dalla percezione collettiva della stessa; e pertanto il suo comportamento subisce  una sorta di "polarizzazione", costituita da una radicalizzazione delle emozioni, dell' immaginazione e dei comportamenti, siano essi positivi o negativi e socialmente ammissibili o devianti.

Cosicché l' individuo arriva a fare cose che non fanno parte dei suoi comportamenti abituali, dal momento che la percezione della realtà attuale ne condiziona il comportamento, che resta inevitabilmente influenzato dalla percezione "collettiva" della stessa realtà.

Per tali motivi i tifosi, siano essi di qualsiasi ceto e classe sociale, si scatenano, gridano, si abbracciano, si esaltano facilmente e altrettanto facilmente si deprimono, non essendo in grado di valutare autonomamente ed oggettivamente le situazioni.

Donde i deprecabili eccessi.

Che però,  per fortuna,  a Terni non si sono mai verificati, data l'estrema civiltà (ma non coglioneria!) delle genti ternane, che, pur di fronte a situazioni che non hanno precedenti nel mondo del calcio italiano, preferiscono disertare lo stadio, piuttosto che assumere quelle discutibili  e biasimevoli iniziative che in tanti altri posti dell' Italia pallonara sarebbero state assunte dall' "IO COLLETTIVO" alla presenza di contesti analoghi.

Non suonino tali deduzioni come una minaccia "subliminale" (non è nel mio stile ed è deontolgicamente contrario alla professione "vera" di operatore della Giustizia che svolgo abitualmente).

Ma valgano al contrario come un semplice, benevolo invito al Patron, all' Amministratore Unico, all' Amministratore Delegato della Ternana Calcio, o a chi per loro, a cogliere compiutamente, etimologicamente e pure semanticamente il significato del seguente termine, dagli stessi  purtroppo ignorato in maniera pedissequa:

RISPETTO: sentimento e comportamento informati alla consapevolezza dei "diritti"  e dei "meriti" altrui e dell' importanza e del valore sociale, storico, culturale e morale di un qualcosa.

Rispetto, in ultima analisi, significa essere consapevoli di far parte di una COLLETTIVITA' e non considerare se stessi al centro dell' universo, accettando i punti di vista degli altri e confrontandosi abitualmente con la realtà sociale esterna.

Eppure non dovrebbe essere così difficile…

Massimo Minciarelli

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Massimo Minciarelli

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