Rimediare agli errori è dura, provarci è un dovere
Tre partite, altrettante sconfitte. Il bilancio di Mariani sulla panchina della Ternana è davvero tremendo. Zero punti in 270 minuti, la serie negativa allungata a dismisura e le distanze dalla zona salvezza sempre più dilatate. Una situazione ai limiti della tragedia sportiva, una permanenza tra i cadetti che con il passare del tempo si è resa sempre più complessa. Tutto questo nonostante qualche cenno di miglioramento sia percettibile. O meglio, lo è stato in particolare nella disgraziata sfida persa con l’Entella perché a Brescia, l’altro giorno, a mio avviso la squadra ha compiuto più di un passo indietro. Troppo lunga in campo, incapace di sostenere adeguatamente la verve di Montalto (l’unico con una capacità realizzativa di tutto rispetto) e soprattutto sbadata in difesa anche su azioni da palla inattiva di facilissima lettura, come quella che ha generato il gol del primo svantaggio.
Insomma, quei piccoli miglioramenti legati in modo particolare all’equilibrio in campo, sono scomparsi improvvisamente. E siccome il tasso qualitativo della squadra non è mai stato esaltante (eufemismo) ecco che tutto diventa più complicato.
La partita di Brescia ha evidenziato ancora una volta quanto infelici siano state alcune scelte operate in sede di marcato invernale quando, invece di dare sostegno a difesa e centrocampo si è preferito aggiungere attaccanti, peraltro o inattivi da molto tempo (Piovaccari) o di belle speranze (Repossi). Insomma, agli errori di luglio si sono aggiunti quelli di gennaio, peraltro evidenziati anche dal “patron” che pure non può chiamarsi fuori dalla lista dei colpevoli visto che, parole sue, ha dato carta bianca ai suoi collaboratori tecnici senza valutare al meglio l’opportunità di certe scelte.
Così oggi la Ternana è una squadra di caratura modesta (come tante altre di questo modestissimo campionato) con una classifica bruttissima e risorse di conseguenza inadeguate per dare sostegno ad una ipotesi credibile di rimonta.
Verrebbe da pensare che non c’è più niente da fare. Questa probabilmente è la tesi più gettonata tra i tifosi. Ma non può esserlo all’interno di un gruppo che da una eventuale retrocessione avrebbe tutto da perdere. Carriere che potrebbero chiudersi anticipatamente, passi indietro pericolosi un po’ per tutti. Ma questo Defendi e soci lo sanno benissimo, così come sanno che ancora possono migliorare. Questione di attenzione, di concentrazione, di aggressività: doti che possono surrogare la mancanza evidente di qualità complessiva. Sta a loro e sta al tecnico migliorarsi. Già, tocca pure al tecnico che a Brescia non è parso prontissimo ad intervenire dalla panchina per cambiare una situazione che doveva essere migliorata anche quando la squadra ha avuto il pallino in mano e non è riuscita a farlo fruttare. Per far gol non serve aggiungere attaccanti, a volte è meglio garantirsi la supremazia in mezzo al campo.
Sta poi alla società provare in tutti i modi a porre rimedio alla situazione cercando soluzioni (oggi complicatissime ma non a gennaio visti i riscontri di Foggia, Novara ed altri) in grado di alimentare la speranza nella consapevolezza che una retrocessione avrebbe effetti disastrosi anche sull’operazione di marketing messa in piedi da Bandecchi. Entrare nel parterre del calcio che conta acquistando una società e tornare subito indietro è un’operazione che si farebbe beffe delle enunciazioni estive intaccando pesantemente un portafoglio dal quale, con quale euro in più speso a tempo debito, forse si sarebbe potuto evitare quello che oggi è diventato un incubo. In serie B non c’è spazio per l’improvvisazione tecnica. E chi sbaglia ne paga pesantemente le conseguenze con riflessi ancora più gravi nel rapporto con la città legatissima alla propria squadra.