“E se Longarini spendesse?”. Eh beh, magari. Questi giorni che precedono gli incontri per stabilire il budget dell’attesissimo mercato della Ternana – attesissimo non perché ci si attenda colpi indimenticabili, ma perché c’è praticamente una squadra intera da costruire – sono privi di sogni. Non nascondiamoci: nessuno si aspetta investimenti importanti da parte del patron Longarini. Pensate a gennaio, quando non c’era una squadra da mettere in piedi come ora ma semplicemente un difensore da comprare. Non è arrivato neanche quello; tanto che l’agonia è arrivata fino all’ultima giornata.
Insomma, i soldi sono solo un desiderio. Tristi abitudini. Ma questo non deve diventare un alibi per chi dovrà mettere mano alla Ternana 2015/2016. Perché se Attilio Tesser ha compiuto un miracolo e ha salutato da gran signore, non a caso apprezzatissimo da quasi tutti in città, chi arriverà al suo posto dovrà esser messo in condizione di fare di più. E non sempre ci vogliono spese folli. Basti guardare il Frosinone o il Carpi, esempi di come anche senza le vagonate di milioni del Catania si possa costruire un progetto vero. Progetto, che bella parola; difficile da mettere in piedi se si ha un gruppo intero a scadenza. Ma quest’estate dev’essere l’occasione per programmare, non per porre basi non solide che portano solo a pericoli imminenti.
E allora riorganizzarsi, non nascondersi dietro alle questioni economiche che restano una piaga della Ternana nonostante questa città meriti molto, molto di più. Va creata una Ternana che non perda i pochi leader che le sono rimasti (come Lito Fazio) e che non si affidi solo a chi ha ancora troppa inesperienza per la Serie B (Dugandzic ne è un esempio), senza follie come un’eventuale cessione di Ceravolo (già andrà via Avenatti, perdere Fabio sarebbe un azzardo imperdonabile) ma con la saggezza di scegliere i giocatori giusti senza ascoltare solo il rumore degli amici procuratori più vicini. Così difficile? Non ci vogliono decine di milioni di euro. Solo idee, competenza e voglia di far bene. Senza sentirsi perennemente pericolanti. Dalla società in giù: non si può sbagliare.
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