Ternana tante polemiche e niente calcio
L’estate 2016 sembra essere simile a quella del 2015: fatta di liti, di botta e risposta e di pochissimo calcio, quasi fosse, quest’ultimo, una fastidiosa appendice all’evoluzione di una società “azienda” che invece proprio di calcio si nutre per creare il proprio businnes.
Un’estate come tante altre per la Ternana, fatte salve se vogliamo, quelle legate alla gestione Zadotti che hanno avuto quantomeno un segno di continuità e di crescita sportiva.
Però la nostra riflessione non è tesa a far classifiche, a distinguere i buoni dai cattivi a dire chi ha ragione e chi torto. Vuole soltanto sottolineare alcuni aspetti.
Il primo: nello spazio di un anno solare la gestione innovativa di Simone Longarini ha “consumato” tre direttori sportivi e cinque allenatori (per ora) senza considerare presidenti, dg, amministratori delegati e via dicendo. Di sicuro più di qualcosa non ha funzionato, più nei rapporti che nelle scelte.
Il secondo aspetto che ci piace sottolineare è quello relativo alla struttura societaria illustrata dall’amministratore unico con la lunga lettera inviata ai tifosi per il tramite degli organi d’informazione che si è abituato ad usare ad intermittenza, ovvero, quando interessa a lui. Verticali di gestione, struttura piramidale e via dicendo. Niente da obiettare se non che le società sono fatte di essere umani e che soprattutto quelle sportive si nutrono di un legame tra dirigenti e atleti che crea di solito quella chimica indispensabile per far andare le cose nel verso giusto. Di sicuro l’A.U. è un imprenditore molto impegnato. Però nel calcio globale oggi ci sono presidenti che fanno il giro del mondo pur di scambiare quattro chiacchiere con il proprio allenatore, con gli uomini che producono calcio. Arrivano dagli Emirati, dall’Indonesia, dalla Cina, dagli Stati Uniti e via dicendo. E quelle società tutto sommato funzionano. Ci sono presidenti che gestiscono imperi finanziari, imprese per oltre 300mila dipendenti eppure di calcio parlano, s’interessano, s’informano. Fare nomi è fin troppo facile, basta ricordare le squadre di Manchester o di Madrid, di Londra o di Parigi, di Milano o di Roma per citare le più importanti. Insomma, trovare un po’ di tempo da dedicare agli attori della vicenda calcio in rossoverde dovrebbe essere un divertimento più che un impegno. Vero che per qualche giornale nazionale la filosofia aziendale dell’A.U. è quella ideale, salvo poi in altre pagine far scorrere fiumi d’inchiostro su qualche silenzio di troppo sceso tra De Laurentis e Sarri nelle vicende del Napoli. Ma siamo nel campo delle opinioni personali, anche se opinabili.
Terza e ultima considerazione che, nella nostra personale scala di valori, è la più importante. A un paio di settimane dall’inizio del campionato a Terni si parla di tutto fuor che di calcio, di moduli e di giocatori da impiegare. La Ternana di oggi non ha un direttore sportivo e si avvale di un tecnico, forse traghettatore come lo fu Avicola l’anno scorso; a meno che l’A.U. non intenda affidare la guida della squadra a chi aveva assunto in qualità di club manager (non avendo più un diesse ufficiale) nel gennaio scorso, un tecnico, Siviglia, che la propria esperienza (minima) l’ha maturata nei dilettanti e nel settore giovanile. La Ternana di oggi ha un organico da completare, da rimodulare anche in virtù di situazioni particolari che si sono venute a creare. Ha giocatori in scadenza che potrebbero fruttare denaro utile a far quadrare i conti o diventare pedine di una programmazione seria. Tra due settimane i punti in palio cominceranno a pesare e la tifoseria rossoverde è chiamata a schierarsi da una parte o dall’altra, quasi che non fossero state le divisioni a disgregare un patrimonio di passione che l’A.U. aveva avuto in dono a testimonianza della fiducia che gli era stata concessa. I tremila della partita col Pordenone, le migliaia di contatti catturati dalle web cronaca del siti sono lì a testimoniare che quella passione aspetta soltanto la scintilla giusta per esplodere nuovamente. Queste ultime beghe, delle quali personalmente avremmo fatto volentieri a meno (anche se facili da preventivare conoscendo un po’ i caratteri dei protagonisti) hanno gettato secchi di acqua gelida sull’entusiasmo di una piazza che vorrebbe tornare a discutere soprattutto di calcio giocato.