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Incontro con un ex-rossoverde: Sandro Crivelli

Anni ’70: il mito per ogni tifoso rossoverde che ha a cuore la

storia della Società!

Gli anni ’70 rappresentano probabilmente, come abbiamo detto

più volte, uno dei periodi più entusiasmanti dell’intera storia

rossoverde. E’ in quel decennio che la Ternana riesce a

conquistare, per due volte consecutive, la serie A. Prima

squadra umbra a riuscire in quell’impresa. Purtroppo dopo la

seconda retrocessione il sogno di approdarci ancora è rimasto

tale per tutti i sostenitori delle Fere. E chissà se un giorno, più

o meno lontano, quel sogno si potrà mai realizzare?

Per questo numero di “DAJE MO’” abbiamo incontrato uno

dei protagonisti di quel decennio: Sandro Crivelli.

Crivelli nasce a Gallarate (VA) il 10-01- 1948 e cresce

calcisticamente nell’Ivrea ricoprendo il ruolo di

centrocampista. Arriva al Torino, giovanissimo, nella seconda

metà degli anni ’60 e si toglie così la soddisfazione di esordire

in serie A, per poi andare a farsi le ossa per una stagione in

serie B, con il Pisa. Quindi fa ritorno al Toro dove rimarrà per

altre tre stagioni. Nell’estate del 1973 si trasferisce alla

Ternana di Enzo Riccomini. La nostra squadra del cuore era

appena retrocessa in serie B dopo aver assaporato per la prima

volta la massima serie e si apprestava, pur avendo rinnovato

molto sia nello staff tecnico che nella rosa dei giocatori, a

disputare un campionato di vertice per provare a conquistare di

nuovo la serie A. Impresa che poi effettivamente sarebbe

riuscita, anche se il risultato finale sarà purtroppo lo stesso

dell’esperienza precedente: immediata retrocessione.

Crivelli vestirà la casacca rossoverde per quattro stagioni, dopo

di che andrà a chiudere la propria carriera professionale alla

Reggiana in serie C1.

Una volta appesi gli scarpini al classico chiodo, Crivelli

inizierà una lunga carriera di allenatore ed oggi siede sulla

panchina dell’Angelana, squadra umbra che milita in

Eccellenza Regionale.

Vive da tanti anni ormai ad Assisi (PG).

1) Qual è il suo ricordo più lontano nel tempo per quanto

riguarda un pallone?

Come tutti i bambini della mia epoca il ricordo più lontano è

quello dei giochi sulla strada con gli amici. A quei tempi,

almeno nel nord Italia, c’era un’organizzazione che si

chiamava “Nucleo Addestratori Giovani Calciatori”

(N.A.G.C.) che si occupava dei ragazzini che volevano giocare

al calcio e li facevano allenare due volte a settimana. Io lo feci

con il Verbania e durante un torneo notturno organizzato da

loro fui notato e preso dall’Ivrea in serie C. Esordii in questa

categoria proprio nel derby contro la Biellese, nel Febbraio del

1964, a soli 16 anni. Da qui fui acquistato dal Torino, dove feci

tutta la trafila del settore giovanile e dove ho vinto anche un

campionato “Primavera”, nella finale contro la Roma, nel

1966.

2) Come arrivò alla Ternana? Considerando che arrivava

da una gloriosa società come il Toro, la considerò una

battuta d’arresto?

I motivi veri furono, diciamo così, extra-calcistici. A quei

tempi ero fidanzato con una ragazza di Livorno ed ogni lunedì

partivo da Torino e la raggiungevo, però spesso, durante la

brutta stagione, erano viaggi difficoltosi a causa della nebbia.

Un giorno un giornalista di mia conoscenza, amico di

Riccomini, mi propose di andare alla Ternana, dove da lì avrei

potuto raggiungere Livorno senza l’angoscia della nebbia.

Quindi venni contattato dalla Ternana e si fece il trasferimento.

Avevo però fatto i conti senza l’oste! Riccomini pretendeva la

presenza il lunedì al campo degli allenamenti, anche se eri

sceso in campo il giorno precedente, pur senza effettuare

l’allenamento, che faceva solo chi non aveva giocato.

E così addio Livorno ed addio fidanzata! Però, visto che, come

si dice, “chiusa una porta si apre un portone”, proprio a Terni

conobbi quella che poi sarebbe diventata mia moglie.

3) Quando arrivò a Terni, chi conosceva già dei suoi nuovi

compagni di squadra?

Insieme a me arrivarono alla Ternana i miei compagni di

squadra, ex-Torino pure loro, Masiello e Jacomuzzi. Poi però

facemmo subito amicizia con tutti gli altri, e si creò un

bell’ambiente nello spogliatoio, anche perché erano veramente

tutti bravi ragazzi.

4) Nel suo primo anno in rossoverde, alla guida della

squadra era stato chiamato Mister Riccomini. Che

rapporto aveva con il mister?

Era il classico toscano, gente che io amo in modo particolare,

dal carattere molto aperto, gioviale, disponibile al dialogo, e

creò subito un buon rapporto con la squadra riuscendo a tenere

benissimo lo spogliatoio. Forse l’unico problema che si creò fu

con Scarpa, il quale non giocava così spesso come avrebbe

desiderato.

Per quanto riguarda l’aspetto tattico-tecnico, all’epoca si dava

molta meno importanza di oggi, ed un allenatore era soprattutto

colui che dirigeva la squadra.

5) Quel suo primo campionato in rossoverde fu subito un

successo, con la seconda promozione in serie A di seguito.

Ci parla di quel campionato esaltante per i colori

rossoverdi?

Ovviamente fu un ottimo campionato, dove non partimmo

subito benissimo ma con un girone di ritorno veramente

esaltante. Una gran bella soddisfazione, per noi giocatori ma

anche per l’ambiente intero.

6) Perché, secondo lei, quel successo non suscitò lo stesso

entusiasmo della promozione della squadra di Viciani,

avvenuta solo due anni prima? Non lo trova un po’

paradossale?

Probabilmente il fatto che, due anni prima, quell’impresa,

anche inaspettata, fosse la prima volta che si realizzava, gli ha

dato un valore maggiore. E’ un po’ la teoria del “primo amore

non si dimentica mai”.

Inoltre c’è anche da dire che la tifoseria dava anche un po’ per

scontata la vittoria finale, mentre invece vincere e ripetersi non

è mai facile.

Infine c’era anche il fatto che Viciani era considerato già da

anni un idolo per i tifosi, conosceva l’ambiente e frequentava la

città mentre Riccomini era una persona molto più riservata e

difficilmente lo vedevi frequentarla come faceva il suo

predecessore.

7) Purtroppo anche il secondo campionato della Ternana in

serie A si concluse con la delusione della retrocessione.

Secondo lei quali furono le cause maggiori?

C’è una regola non scritta del calcio che prevede di non

smembrare mai una squadra che vince un campionato ma

piuttosto rinforzarla inserendo un giocatore di maggiore

esperienza per ogni reparto. La Società acquistò giocatori

importanti come Petrini e Dolci, ma sfortuna volle che si

infortunarono entrambi. Dolci si fratturò una spalla e Petrini

ebbe un grave infortunio muscolare che costrinse loro a

rimanere fuori per diversi mesi. Fu in quella situazione

comunque che ebbe modo di emergere un giovane proveniente

appunto dal settore giovanile: Garritano.

Oltre a questo c’è da aggiungere che perdemmo diverse partite,

pur giocando bene, per degli arbitraggi non certo favorevoli.

E così, tristemente, alla fine retrocedemmo e lasciammo la

serie A per l’ultima volta nella storia della Ternana.

8) Nei suoi quattro anni in rossoverde passarono diversi

allenatori (oltre a Riccomini, Galbiati, Andreani, Fabbri,

Maldini). Quali le differenze tra loro? Con chi si è trovato

meglio e con chi peggio?

Ho avuto un buon rapporto con tutti, tranne forse con Galbiati,

il quale non aveva la fiducia di un po’ tutto lo spogliatoio

rossoverde. In quella stagione erano partiti giocatori importanti

come Benatti e questo condizionò molto l’andamento del

campionato.

Arrivò poi Fabbri, che io già conoscevo per averlo avuto nel

Torino. Probabilmente il suo fallimento a Terni fu dovuto al

fatto che arrivò nel momento sbagliato, portandosi dietro la

nomina di un perdente dopo la sconfitta ai Mondiali contro la

Corea. In ogni stadio dove si andava i tifosi avversari gli

ricordavano quella sconfitta con cori di scherno.

Nel secondo campionato dopo la retrocessione dalla serie A,

quello del 1976-’77, ci salvammo all’ultima giornata, dopo la

partita-miracolo del Cibali di Catania e quel successo fu

soprattutto di Mister Andreani, il quale fu veramente molto

bravo a tenere unita la squadra ed a crederci fino alla fine.

Infine Maldini, che conoscevo già anche lui dai tempi del Toro,

probabilmente aveva più le caratteristiche di un selezionatore

piuttosto che di un allenatore.

9) Invece il rapporto con i presidenti (Taddei e Tiberi)

come erano? Le differenze tra loro?

Furono due ottimi presidenti, abbastanza simili tra loro.

Taddei era una persona molto pacata, mai sopra le righe, e per

noi giocatori era una sorta di secondo papà. Anche Tiberi era

una brava persona ed entrambi volevano veramente il bene

della Ternana.

10) Nella sua militanza nella Ternana ha avuto come

compagni di squadra tre giocatori che ci hanno lasciato

troppo presto e che sono ricordati ancora con tanto affetto

da tutti i tifosi rossoverdi: Rosa, Gritti e Petrini. Ci può

testimoniare chi erano in campo e fuori?

Angelino Rosa era, nell’accezione buona del termine, un “cane

sciolto”. Una persona per bene, disponibile. Con lui ci

vedevamo spesso anche fuori dal campo, visto che anche lui,

come me, ancora non aveva famiglia.

Gritti era più taciturno, ma anche lui una gran brava persona.

Con lui non ci frequentavamo molto fuori dal campo, anche

perché lui già aveva famiglia.

Petrini era più sanguigno, dal forte carattere e un po’ più

“birichino”, ma sempre piacevole starci insieme.

11) Nella stagione 1975-’76, dopo la seconda retrocessione

dalla serie A, l’ambiente rossoverde si aspettava un

campionato di vertice con l’auspicata terza promozione

nella massima serie. Invece al termine della stagione la

classifica fu del tutto deludente, con un 15° posto. Secondo

lei quali furono i motivi?

Come dicevo precedentemente, l’errore fu soprattutto nella

scelta di cedere giocatori importanti come Benatti, Valle,

Gritti, Panizza, ecc., smantellando l’assetto precedente della

squadra. A questo si deve aggiungere la mancanza di fiducia

della squadra nei confronti di Mister Galbiati e la partenza

sbagliata che condizionò poi l’intero campionato.

12) Nella sua carriera in rossoverde, si ricorda dei momenti

di grande tensione nello spogliatoio tra voi compagni di

squadra o nei confronti dello staff tecnico?

Mai successa una cosa simile nello spogliatoio rossoverde.

Sempre rapporti normali, se non buoni. Come dicevo in

precedenza, l’unico motivo di attrito ci fu solo tra Mister

Riccomini e Scarpa, il quale non accettava molto volentieri la

panchina.

13) Nel suo ultimo campionato in rossoverde, quello del

1976-’77, la Ternana si salvò grazie a tre vittorie nelle

ultime tre partite del calendario, compreso lo scontro

diretto a Catania (0-1, 12-06- 1977). Che ricordo ha di

quell’incredibile impresa?

Fu una stagione sfortunata e piena di problemi, con cambi di

allenatore in corsa, con molto sconcerto da parte di noi

giocatori. Un campionato iniziato male e per fortuna non finito

ancora peggio!

Anche la Società non era certo più quella di una volta, quella

che era riuscita a portare la Ternana nella massima serie negli

anni precedenti.

E come ho già detto, il merito di quella salvezza-miracolo fu

soprattutto di Mister Andreani che vivendo da anni nella

società conosceva tutti gli aspetti positivi e pure quelli negativi.

14) C’è una partita in maglia rossoverde da incorniciare nei

suoi ricordi?

Sicuramente la partita contro il Torino (Ternana-Torino 2-1, il

02-03- 1975). Per me, che ero un ex, fu una grandissima

soddisfazione, anche se non avevo nessun sentimento di rivalsa

nei loro confronti.

15) Con chi era più in sintonia dei suoi ex-compagni in

rossoverde? E’ ancora in contatto con qualcuno di loro?

Avevo un buon rapporto un po’ con tutti ma avevo legato

soprattutto con Benatti, Prunecchi, Traini, Masiello e

Jacomuzzi. Con loro ci frequentavamo anche fuori dal campo,

soprattutto con Benatti e Prunecchi. Quest’ultimo poi era il

classico “toscanaccio” ed era impossibile non andarci

d’accordo. Ancora oggi, tra tutti noi, ci sentiamo al telefono

ogni tanto, ma con Benatti siamo rimasti veramente ottimi

amici.

16) Quando nell’estate del 1977 lasciò la Ternana per

scendere di categoria ed approdare alla Reggiana, ci fu

delusione o fu una sua scelta? Ci può dire quali furono i

motivi?

Diciamo che fu una scelta quasi congiunta.

Nell’ultimo anno in rossoverde avevo avuto problemi di

pubalgia che mi aveva impedito di esprimermi ai miei soliti

livelli, e dovevo ricorrere sempre alle infiltrazioni per poter

scendere in campo. Sinceramente mi ero stancato di questa

situazione. A questo fatto aggiungiamoci che io, all’epoca, non

avevo ancora deciso dove mi avrei portato la mia residenza

definitiva una volta chiusa la carriera, quindi l’ipotesi Reggio

Emilia mi sembrò ottimale, visato che mi avvicinavo

abbastanza al mio paese natale.

Infine, visti i miei problemi fisici, pensai che la serie C sarebbe

stata più alla mia portata.

17) Con la maglia delle Fere qual è stato l’avversario che le

ha creato più grattacapi in campo? E per quale motivo?

Sicuramente quelli incontrati nell’anno della serie A. Nomi

importanti, come Capello, Juliano, De Sisti, ecc.

C’è comunque da dire che all’epoca difficilmente incontravi il

giocatore dal cambio di passo tale che poteva spaccare la

partita, come accade oggi. Più che altro i singoli si mettevano

in risalto per alcune giocate spettacolari.

18) Nel calcio dei suoi tempi, secondo lei, contava di più la

fantasia o la fisicità?

Senz’altro la fantasia! Oggi invece è tutto il contrario e la

fisicità è preponderante.

Comunque, se le doti ce l’hai….ce l’hai! Sicuramente verranno

fuori.

19) Secondo lei, che ruolo è, tecnicamente, quello del

centrocampista?

Anche in questo caso, oggi è molto cambiato rispetto a ieri.

Prima avevi soprattutto il compito di attaccare e la giocata era

finalizzata a quello, mentre ora devi anche pensare alla fase

difensiva, altrimenti la palla non la vedi mai. Insomma devi

essere anche un buon “incontrista”.

20) Oggi lei ancora è nel mondo del calcio rivestendo il

ruolo di allenatore. Qual è l’aspetto che secondo lei è

cambiato di più nel calcio di oggi rispetto ai suoi tempi?

Quello che dicevamo prima: è cambiato soprattutto sotto

l’aspetto fisico. Ai miei tempi una squadra di serie A si

allenava come oggi si allena una di serie D. Oggi è molto

importante la velocità. Inoltre, grazie alle tv, puoi conoscere

bene gli avversari, così come loro conoscono te.

Ma la cosa più importante per un allenatore, secondo il mio

punto di vista, è che non ci si deve mai fossilizzare su un solo

modulo di gioco, ma avere più varianti da utilizzare in base alle

caratteristiche sia degli avversari che dei propri giocatori che

scendono in campo.

21) Qual è oggi il legame di Crivelli con la città di Terni e

con i suoi tifosi?

Mia moglie è ternana ed a Terni vivono tutti i suoi parenti,

oltre a diversi miei amici che ho dai tempi della mia militanza

rossoverde, quindi mi capita ogni tanto di venire in città,

abitando relativamente vicino, ma i miei impegni di lavoro non

mi permettono purtroppo di venirci tanto spesso. Quando

vengo però, amo in modo particolare girare per il centro

storico, per rivedere luoghi a me cari e ricordare episodi

particolari di tanti anni fa.

La carriera di Crivelli in rossoverde:

1973-’74(Serie B):Presenze in campionato:35,Goal realizzati:2

Presenze in Coppa Italia: 4, Goal realizzati: 0

1974-’75(Serie A):Presenze in campionato:27,Goal realizzati:0

Presenze in Coppa Italia: 4, Goal realizzati: 0

1975-’76(Serie B):Presenze in campionato:37,Goal realizzati:2

Presenze in Coppa Italia: 4, Goal realizzati: 0

1976-’77(Serie B):Presenze in campionato:20,Goal realizzati:0

Presenze in Coppa Italia: 4, Goal realizzati: 0

La carriera di Sandro Crivelli:

1963-’64: Ivrea (serie C) Presenze: 1 Goal: 0

1967-’69: Torino (serie A) Presenze: 9 Goal: 0

1969-’70: Pisa (serie B) Presenze: 26 Goal: 2

1970-’73: Torino (serie A) Presenze: 40 Goal: 0

1973-’77: Ternana (serie B e A) Presenze: 119 Goal: 4

1977-’79: Reggiana (serie C1 ) Presenze: 61 Goal: 2

Marco Barcarotti

Visitate il sito www.memorierossoverdi.it: filmati d’epoca,

foto, articoli, poesie, collezioni di figurine, biglietti, gadgets,

ecc. sulla Ternana.

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