Pranzo nella mensa dei poveri, letto da un affittacamere

Pranzo nella mensa dei poveri, letto da un affittacamere

La storia della Ternana è costellata di alti e bassi, di indimenticabili vittorie e di dolorosissime delusioni, ma la maggior parte dei tifosi che seguono le sorti della squadra nelle sue vicende attuali probabilmente non conoscono a fondo la storia remota della squadra del cuore. Quanti sanno, ad esempio, che la Ternana sfiorò la serie A negli anni Venti a solo due anni dalla sua fondazione? E quanti sanno che la sfiorò ancora nel primo dopoguerra? Per tantissimi la storia è quella che và a memoria d’uomo, e quindi ormai non più lontana degli anni Cinquanta, per coloro che, ormai non più giovanissimi, ricordano episodi, gioie e dolori di quegli anni, e non solo le grandi soddisfazioni degli anni Sessanta Settanta. Per non dire di quelle degli anni Novanta. Chi vi scrive è convinto che non si debba perdere la memoria storica di dove veniamo e di chi siamo stati, perché solo così si può prendere coscienza di ciò che siamo attualmente. Non dimenticare e aiutare a non dimenticare, credo, sia il compito di questa rubrica della nostra rivista. E’ per questo motivo che in questo numero di “DAJE MO’” siamo andati a scovare un ex-rossoverde degli anni Cinquanta, periodo questo che ha rappresentato anche il punto più basso toccato dalla Società Ternana, considerando la retrocessione in Promozione Regionale, dopo i “fasti” di un solo lustro prima.

Abbiamo incontrato Enzo Colantoni. Colantoni nasce a Rieti il 01-01-1933 e cresce calcisticamente nel “Mazzola Rieti” nel ruolo di terzino destro. Arrivò alla Ternana nell’estate del 1952, proveniente dalla società del “Mazzola V. Rieti”. Giocò in casacca rossoverde per sei stagioni, conquistando una promozione, dalla Promozione Regionale alla IV Serie, nella vittoriosa stagione 1953-54. Al termine della stagione 1957-58, deluso dalle esperienze negative che si erano accumulate in quegli anni in rossoverde,  lasciò definitivamente il calcio.

Oggi Colantoni, da tranquillo ed appagato pensionato, vive nella sua città di nascita, Rieti.

Lei fu acquistato dalla squadra reatina del Mazzola nel  1952. Come avvenne il suo esordio nella Ternana?

“Sulla panchina rossoverde sedeva Mister Cioni e dopo solo due partite di campionato mi fece esordire nel mio ruolo di difensore destro, al posto di Alberetti. Ovviamente la sua scelta fu determinata dall’aver constatato durante gli allenamenti che io potevo garantirgli le garanzie che lui chiedeva. Nonostante questo, con Alberetti, il quale era una persona squisita, diventai poi un grandissimo amico”.

Lei aveva sempre giocato nel ruolo di terzino destro Quand’è che passa a giocare nel ruolo di attaccante?

“Nella stagione 1954-55, sulla panchina rossoverde arrivò l’allenatore ungherese Mister Nekadoma, il quale aveva una bella esperienza professionale essendo stato un grande giocatore, e lui si rese conto che aveva nella rosa della squadra molti difensori ma pochi attaccanti. Quando mi vide giocare, visto che io ero un ambidestro, intuì che potevo essere schierato nel ruolo di attaccante sinistro. Prima di fare questo però, mi mise fuori squadra per 3-4 partite, ed inizialmente non avevo certo capito le sue intenzioni. Poi cominciò a farmi giocare in attacco durante le partite di allenamento, dove gli feci una buona impressione, visto che pur non essendo molto bravo nel dribbling, ero veloce ed eccellevo nel colpo di testa, vista anche la mia statura. Inizialmente non ero molto convinto della sua scelta, visto che io mi ero precedentemente fatto un buon nome nel ruolo di terzino destro, arrivando anche alla Rappresentativa Umbra di serie D, ma i fatti dimostrarono che ci aveva visto giusto, visto che poi lo ripagai con la realizzazione di 11 goal”.

Chi era il Colantoni-uomo al suo arrivo in casacca rossoverde?

“Quando arrivai alla Ternana avevo solo 19 anni ed ero timidissimo, e soprattutto del tutto inesperto. A dimostrazione di ciò racconto un aneddoto. Come detto, inizialmente ero venuto a vivere a Terni, e la Società mi forniva la possibilità di andare a mangiare al ristorante. Io, del tutto ingenuo e sprovveduto, cominciai ad andare a mangiare alla mensa dei poveri, convinto che fosse un qualunque ristorante. Questo mi costò una bella lavata di testa da parte del Presidente Latini, il quale mi convocò per chiedermi spiegazioni e dovetti faticare non poco per fargli capire la mia buona fede! Da quel giorno la Società, con mia grandissima soddisfazione, mi mandò a mangiare tutti i giorni in un vero e proprio ristorante”.

Lei viveva a Terni?

“La Società mi aveva fornito una residenza in un affittacamere,  ed avevo diritto ai buoni pasto in un ristorante cittadino. Poi però decisi di fare il pendolare Rieti-Terni”.

Quale era lo stipendio del calciatore Colantoni?

"In quegli anni, di forte crisi societaria, lo stipendio era più ipotetico che reale. Lo stipendio era di 20 mila lire al mese, quando un operaio ne prendeva 40/50 mila. Però spesso al termine della stagione ti potevi ritenere fortunato se riuscivi ad incassare una piccola cifra, oltre al rimborso spese per vitto ed alloggio”.

Che tipo di rinunce ha dovuto fare per realizzare il sogno di una carriera da calciatore?

“Sicuramente la più importante fu quella del diploma. Quando arrivai alla Ternana stavo al quinto anno, però a causa degli impegni calcistici, soprattutto per le continue trasferte, pur se a malincuore, dovetti rinunciarci. Ogni volta che tornavo da una trasferta, il lunedì a scuola erano sempre brutti voti! Per due volte fui bocciato in quinto, ed alla fine ci rinunciai”.

Lei ha giocato con la Ternana due campionati di Promozione e quattro di Quarta Serie (D). Come erano le trasferte?

“Erano veramente impegnative, considerando che si doveva andare anche in Sardegna, e a quei tempi non era certo agevolissimo poterlo fare. Inoltre le trasferte sarde venivano quasi sempre accoppiate nel calendario, quindi si stava via per una decina di giorni ogni volta. Si partiva con la nave generalmente il giovedì per poi giocare la domenica, però io spesso il viaggio lo facevo con l’aereo, il bimotore, partendo il sabato. E’ per tale motivo, come dicevo, che alla fine decisi di non seguitare negli studi”.

Come era invece l’ambiente della “Pista” di Viale Brin?

“Nonostante facessimo la serie D, eravamo sempre molto seguiti ed il tifo era appassionatissimo. Invece era veramente carente l’impianto sportivo, visto che il campo, durante l’inverno, non aveva quasi più niente del manto erboso, che invece parzialmente ed in maniera accettabile tornava durante i mesi primaverili ed autunnali. E questo nonostante l’impegno continuo profuso da Natalino, il custode dell’impianto, il quale, tra l’altro, era spesso “vittima” dei nostri scherzi goliardici: una persona molto legata al suo lavoro e alla Ternana!

Quando per la prima volta andai a vedere una partita di serie A a Roma, allo stadio Flaminio, rimasi letteralmente stupito nel vedere quel manto erboso che sembrava un tappetino!”.

Ha avuto mai degli infortuni nella sua carriera nella Ternana?

“Mi è capitato di avere una commozione cerebrale a causa di una pallonata presa dalla distanza di pochissimi metri. Ricordo che giocavamo, come tutti in quegli anni, con un pallone di cuoio molto pesante, che bagnato lo diventava ancora di più, e che aveva i lacci esterni, molto pericolosi quando colpivi di testa”.

Nella sua carriera in rossoverde, chi furono i suoi compagni di squadra con cui legò maggiormente, e che ricorda con più nostalgia?

“Tra gli altri, ricordo Pazzi, il quale era di una simpatia unica, sempre pronto allo scherzo e alla battuta, e poi ancora Corpetti, Mirabelli, Di Cintio, Moretti”.

Quanto è cambiato tecnicamente, il calcio di oggi rispetto a quello dei suoi tempi?

“E’ un calcio completamente diverso. Anche se devo dire che io, da terzino, amavo molto correre sulla mia fascia per andare a fondo campo e crossare per gli attaccanti. All’epoca non era molto usuale, visto che il terzino doveva esclusivamente pensare a difendere, ed al massimo poteva arrivare fino a centrocampo. Oggi invece questa è la norma per ogni difensore di fascia”.

Ci racconta un aneddoto che ci fa capire quello che era la realtà di quel periodo?

“Prima dell’inizio della stagione 1957-58 sapevo di avere diversi osservatori di alcune società che mi seguivano, visto che precedentemente ero stato convocato più volte nella Rappresentativa Regionale di serie D. Erano due anni che non riuscivo a prendere uno stipendio, e mi dovevo pure accollare praticamente tutte le spese. Sinceramente mi ero abbastanza stancato di questa situazione. Mi mandarono a fare un provino al Como, che militava in serie B, dove rimasi una decina di giorni. Al ritorno a Terni mi venne detto, da parte della Società, che non si erano accordati economicamente. Un giorno di Gennaio 1958 mi convocò a casa sua il segretario sociale Vincenzi, il quale aveva avuto dei forti scherzi con il Presidente, e forse per ripicca nei suoi confronti, mi mise davanti dei documenti che attestavano che ero stato richiesto non solo dal Como, ma anche da altre società, compreso il Napoli, in serie A. Mi alzai dalla sedia, gli tirai addosso quei registri e me ne andai! Presi le mie cose e tornai nella mia casa di Rieti. La Società mi denunciò alla F.I.G.C., e di conseguenza mi arrivarono delle lettere della Federazione dove mi si diceva che perdevo i diritti degli stipendi che ancora avanzavo. Erano due anni che non prendevo una lira! Quindi cosa cambiava? Queste erano le condizioni in quei tempi!

Posso affermare di aver giocato fino a quando mi sono divertito a farlo. Al momento che mi sono reso conto che non mi divertivo più, ho preso la borsa e me ne sono andato, senza dire nulla a nessuno. Questo accadeva a metà stagione 1957-58, quando sulla panchina della Ternana sedeva Mister Visentin”.

Che cosa non amava del mondo del calcio della sua epoca?

“Si usciva da un periodo difficile, erano tempi in cui c'erano pochissime risorse e i sacrifici erano enormi, anche per noi ragazzi di allora. Ci affidavamo ai dirigenti che, non esistendo i procuratori, disponevano di te in maniera cinica e interessata. A me, come ricordavo in precedenza, stroncarono la possibilità di una carriera per divergenze tra alcuni di loro”.

E cosa invidia di più invece al calcio di oggi, che ai suoi tempi non aveva?

“Le risorse. Come dicevo, noi facevamo grandissimi sacrifici, oltretutto in un periodo già complicato. Vedevamo pochissimi soldi, quando li vedevamo. Si può immaginare cosa potesse rappresentare, allora, l'ipotesi di una carriera pallonara in un paese che aveva poco più di nulla da offrire”.

Quanta passione le è rimasta per il calcio? Lo segue ancora?

“Mi piace ancora seguirlo, ma esclusivamente attraverso la tv. Non sono più andato a vedere una partita di calcio in uno stadio”.

 

La carriera di Colantoni in rossoverde.

1952-53 (Promozione Regionale Umbra):

Presenze in campionato: 22, Goal realizzati: 1

1953-54 (Promozione Regionale Umbra):

Presenze in campionato: 24, Goal realizzati: 0

1954-55 (IV Serie, Girone F): Presenze in campionato: 26, Goal realizzati: 10

1955-56 (IV Serie, Girone F): Presenze in campionato: 33, Goal realizzati: 5

1956-57 (IV Serie, Girone F): Presenze in campionato: 31, Goal realizzati: 1

1957-58 (IV Serie, Girone F): Presenze in campionato: 14, Goal realizzati: 1

                                                                  Marco Barcarotti

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