Difficile spiegare tempi e contenuti di una recente intervista telefonica rilasciata dall’ex allenatore della Ternana ad una emittente televisiva perugina. Dettagli comunque. Fatto è che chiamato a parlare della Ternana, la squadra che ha avuto la fortuna e l’onore di allenare dopo essersi esibito a Fondi e in qualche altro campo laziale (Olimpico escluso), l’ex di turno ha gettato palate di fango sul presidente rossoverde Ranucci e sui media locali.
Ma non perso l’occasione per far passare il munifico (e lui lo sa bene) patron Bandecchi un po’ come lo sciocco del villaggio e giusto per non farsi mancare nulla, ha completato il quadro, facendo immaginare Lega, Federcalcio e mondo arbitrale come una sorta di congregazione impegnata a complottare contro chi, parole del Pochesci, si è impegnato in “pupazzate estive” (ovviamente i ricorsi nelle vicende della lega di B e della Lega Pro).
Insomma, un bel quadretto edificante dipinto da un tecnico dal modesto passato e dal futuro che è tutto da scrivere. Salito alla ribalta per l’opportunità che gli hanno concesso proprio Bandecchi e Ranucci e per le sue esternazioni colorite che hanno scatenato l’ilarità dell’intero mondo calcistico nazionale. Esternazioni fondate su un concetto di calcio a suo dire innovativo (ma Ezio Glerean a cavallo degli anni duemila non fece cose simili confezionando lo splendido miracolo Cittadella?) e che oggi pubblicizza con un apposito manoscritto.
Entrare nel merito del fiume di parole riversato dal signor Pochesci, proprio ora che la Ternana è in crisi (perché non farlo quand’era in sella?) sarebbe troppo facile e scontato, ma impegnerebbe spazi immeritati. Così ci limitiamo a due o tre puntualizzazioni. Cominciando dai giornalisti a libro paga, affermazione gravissima che ha indotto il gruppo Ussi dell’Umbria (vedi in calce al presente) a chiederne conto mostrando prove nelle sedi opportune. Fa ridere la considerazione che l’ex allenatore della Ternana riserva alla battaglia estiva ingaggiata da Ternana e altre società per difendere i propri diritti: battaglia ritenuta legittima, se non doverosa, da ogni organo di stampa, da ogni frequentatore (a diverso titolo) del mondo calcistico.
Fa pensare ad una memoria diventata cortissima l’affermazione legata alla squadra che lui ha allenato, ai giocatori che avrebbe voluto cedere dopo averli definiti, urlando in sala stampa come mai era successo nella storia rossoverde, migliori di tutti quelli che nella stagione precedente avevano conquistato la salvezza in serie B con Liverani in panchina.
Potremmo andare avanti ancora per un po’ ma, come detto non ne vale la pena, non ci sentiamo in grado di curare certe dipendenze da palcoscenico. Però ci preme un’ultima considerazione legata all’amore, dal Pochesci sempre sbandierato, nei confronti della Ternana. Fosse tale non avrebbe scelto il momento di maggiore difficoltà della squadra per esternare il proprio malumore, per scagliarsi con inaudita violenza (verbale) nei confronti del presidente Ranucci. Facendo risaltare un’acredine antica, che in altri tempi avrebbe portato probabilmente ad un duello in piena regola, ma che oggi dà soltanto l’idea di una lite da cortile. In monologo rancorso, stante il silenzio di Ranucci, di un solitario protagonista.
Chi dice di amare la Ternana, tanto da non poter mai allenare il Perugia (magari anche Marsciano, Todi e via dicendo), avrebbe potuto e dovuto sostenere la squadra, farle un caloroso in bocca al lupo, auspicarne un positivo finale di campionato. Invece tutto questo è mancato e ai ternani non è sfuggito. Per cui, forse, quello che avrebbe voluto essere un affondo decisivo è diventato un clamoroso autogol. Come spesso è successo alla “sua” Ternana. Solo che stavolta la sensazione forte è che il finale di partita non lo decreterà il triplice fischio dell’arbitro ma la sentenza di un tribunale.
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