“Mi dispiace tantissimo, è veramente una brutta notizia”. Esordisce così Serse Cosmi, alla notizia della scomparsa di Omero Andreani. E’ a Rijeka, domani ultima partita di campionato prima della sosta mondiale. “Fammi sapere quando ci sono i funerali che cerco di organizzarmi: se ci sono il pomeriggio invece di andare a Perugia vengo direttamente a Terni”.
I funerali ci saranno lunedì mattina però, e Serse Cosmi non potrà esserci. Finisce troppo tardi domenica sera in Croazia per poter arrivare in tempo. Ma Andreani rimarrà sempre nel suo cuore, nella sua testa. Come è sempre stato…
“E’ stato mio allenatore soltanto per un anno, ma sono rimasto folgorato. Io neanche lo sapevo ma probabilmente lì ho deciso di diventare allenatore. A 18 anni. Che poi di quella squadra lì ero un intruso. Sono un classe 58: quelli veri, quelli forti, quelli che sono arrivati erano quelli del 56 e del 57”
E chi c’era con te?
“Voi non ve lo potete ricordare perché siete giovani. Ma Andreani nel settore giovanile della Ternana era un’istituzione. A quei tempi giocavamo alla pari con la Roma e con la Lazio. Bagnato, Bianchi, Longobucco… erano tutti prodotti del settore giovanile della Ternana. Era un lavoro straordinario”
Ma perché proprio Andreani come punto di riferimento per te come allenatore? Cosa ti ha colpito?
“Se tu vai a leggere il mio libro di allenatori che mi hanno ‘ispirato’ ce ne sono 4/5. Tutti bravissimi. Ma se ne devo scegliere uno ti dico Andreani. E’ stato unico: come metodologia, come carattere, come autorità. Era un grande insegnante di calcio. Io avevo un carattere bizzarro, ma poi lo ascoltavo sempre. E quando ho finito di giocare ho subito ripensato a lui, mi sono subito tornati alla mente i suoi insegnamenti. Sono ripartito dai suoi concetti e dal suo sistema di gioco, subito. All’Ellera e al Pontevecchio: poi chiaramente ho aggiunto nel corso della carriera tante altre cose, ma sono partito da lui”
Cosa aveva di speciale?
“Lui ancora oggi sarebbe definito un allenatore moderno. Per la sua idea di calcio. Stiamo parlando di un visionario, di un innovativo. Il suo calcio era quello – naturalmente – di Viciani. Lui e Castagner sono stati davvero degli allenatori straordinari. Non lo dico perché siamo umbri e perché siamo della stessa regione. Hanno fatto delle cose straordinarie con squadre di provincia. Oggi bastano due o tre partite per essere fenomeni…”
Cosa ti rimarrà dentro di Andreani?
“La mia devozione, la mia malattia per il mediano davanti alla difesa la devo a lui. Ancora oggi quando guardo una partita vado a guardare il centrocampista davanti alla difesa. E’ una cosa che mi porto dietro dai suoi insegnamenti”
Quindi Liverani è “colpa” di Andreani?
“Merito, piuttosto!”
E un ricordo personale?
“Aveva un carattere forte. Io ero quasi spaventato da lui. Era uno duro. Erano diversi i ruoli allora. Certe figure come allenatore e maestro erano interpretate in maniera diversa da oggi. In quel periodo lì io avevo appena perso il mio papà e volevo quindi stare il più possibile con la famiglia. A lui non andava bene, perché non sapeva quello che potevo fare da solo. E allora quando tornavamo a fare allenamenti, facevamo gli addominali, lui si sedeva sopra di me – mentre li facevo – e mi chiedeva ‘le hai mangiate le salsicce eh’…”
Sul tuo Instagram c’è una foto con lui, dove lo indichi come indiscusso riferimento
“E’ l’ultima volta che ci siamo visti. Sarà stato 3 anni fa. Era una riunione di quel gruppo di quella squadra. E’ stato emozionante, davvero. L’ho visto allora, lucido, presente. Stava benissimo. E’ veramente un grande dispiacere che se ne sia andato. Lì ho davvero iniziato la mia carriera da allenatore: a 18 anni. E neanche lo sapevo. E’ come se se ne fosse andato un pezzo della mia gioventù, anche se in realtà è stato sempre con me, in tutti gli anni della mia carriera”
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