Calcagno: “Trapani? A fine campionato norme da migliorare”

Umberto Calcagno, vicepresidente AIC, si è collegato in diretta con TMW Radio. Le sue riflessioni iniziano dal caso Trapani e dalla Serie C: "Una situazione difficile da spiegare, che ha a che fare in parte con il Coronavirus. L'emergenza ci ha costretti, anche se con il nostro voto contrario, ad accettare una serie di norme. Il Trapani, non soltanto, è anche figlio di una situazione in cui, per aiutare chi investe nel calcio correttamente, ha finito per avvantaggiare chi non ne avrebbe avuto diritto, come nel caso della società trapanese. Passata questa fase, che speriamo si concluda a fine campionato, si dovranno migliorare le norme".

Ci sono troppi avventurieri nel calcio?

"Non ci sono controlli federali che permetteranno anche in futuro ad investitori di entrare nel calcio, o si rischia che anche chi non è avventuriero stacchi la spina. Abbiamo avuto un momento di grande difficoltà: gli imprevisti ci saranno sempre, ma era una situazione di emergenza. I nuovi ragionamenti sulle fidejussioni da due anni a questa parte hanno ripulito molto il sistema, dobbiamo insistere. La normativa sportiva può arrivare fino a un certo punto in fase di acquisizione, ma può e deve controllare in sede di iscrizione al campionato".

La questione liste lascerà altri strascichi?

"Speriamo di no. L'idea di fondo che la Lega Pro debba avere una politica mirata alla valorizzazione dei giovani non è in dubbio, così come il dovere di ragionare su una nuova sostenibilità. Poste queste due cose, secondo noi l'errore è mischiarle: non si può risolvere la questione della sostenibilità coi giovani. Se obblighiamo via norme all'utilizzo di giovani in campo, abbassiamo talmente tanto il livello del campionato che il livello diventa sbagliato. Dobbiamo ridistribuire meglio le risorse nel sistema, e non forzare l'utilizzo di giovani, creando delusioni in chi, senza certe norme, non avrebbe mai giocato da professionista".

C'è da ripensare qualcosa sul protocollo?

"Oggi è davvero l'unica modalità per proseguire con la stagione nella tutela della salute del gruppo-squadra. Oggi, ancora più che alla ripresa dopo il lockdown, bisogna stare più attenti ai comportamenti singoli e a tutti i contatti di vario tipo che possono avvenire. Ci deve essere una rigida applicazione del protocollo, seppure si sappia che ciò che diciamo oggi tra una settimana non accada. Il caso Genoa speriamo che sia un caso isolato e non la regola".

Quali saranno le situazioni da monitorare, poco affrontate in queste settimane?

"Dovremo renderci conto, se parliamo di un nuovo contesto economico, anche di chi potrà fare calcio e chi no. Per le stesse ragioni che ci siamo detti a proposito del Trapani: dobbiamo vigilare sulla regolarità dei campionati e, come associazione, creare posti di lavoro che siano veri. Non dubito che saremo tutti d'accordo nel tornare a ragionare con le norme pre-Covid. Così capiremo quanti veramente possono permettersi di fare calcio a livello professionistico. Non dubito che si faccia questo ragionamento di responsabilità. Con la Cassa integrazione e il Fondo salvacalcio abbiamo cominciato a dare le nove settimane di stipendio che non avevano avuto. Si parla di una tantum, però: arrivati a una fase successiva, dovremo renderci conto della situazione".