In ricordo di Pietro Fontana.
Probabilmente gli anni ’70 sono per i tifosi rossoverdi, almeno quelli che hanno vissuto quell’epoca, uno dei periodi più gloriosi ed esaltanti della storia della Ternana. In questo numero di “DAJE MO’” abbiamo incontrato uno dei protagonisti di quel periodo: Pietro Fontana, detto “Canistro”.
Era quella la Ternana che era stata promossa in serie B nella stagione 1967-’68 e che stava gettando le basi per tentare la scalata alla serie A, come poi in effetti avvenne nella stagione 1971-’72. La squadra rossoverde aveva lasciato il mitico stadio di Viale Brin, da tutti conosciuto con l’appellativo de “La Pista” e il 24-08-1969, con un’amichevole contro i brasiliani del Palmeiras, si era inaugurato il nuovo stadio, intitolato al campione ternano di motociclismo Libero Liberati. Uno stadio che vedeva ancora le quattro curve (raro caso questo in Italia) presentare un solo piano, e solo con la conquista della serie A verranno alzati gli altri due piani, così come lo possiamo vedere oggi.
Pietro Fontana nasce a Canistro (AQ) l’11-08-1944 e cresce calcisticamente nel ruolo di difensore nelle file dell’Aquila. Nella stagione 1968-’69 passa alla Lazio, in serie B, e con la maglia biancoceleste vince il campionato, ma non sarà riconfermato l’anno successivo in serie A.
Nell’estate del 1969 passa quindi in casacca rossoverde dove rimarrà per tre stagioni, ed anche in questo caso vincerà il campionato, nella mitica stagione 1971-’72, con alla guida Mister Viciani. Purtroppo neanche in questo caso verrà riconfermato e si trasferirà quindi all’Arezzo. Chiuderà poi la carriera nel Brindisi, ed una volta appese le scarpe al classico chiodo inizierà una lunga carriera di allenatore.
Oggi Fontana si è ritirato dal mondo del calcio e vive con la sua famiglia ad Arezzo.
1) Quanto tempo dedicava al calcio nell’arco di una giornata il bambino Fontana?
Sono nato in un piccolo paese di montagna, in Abruzzo, nel dopo guerra ed i divertimenti erano pochi. Giocare con la palla era uno dei pochi diversivi che avevamo. Giocavamo in ogni momento libero, nella piazza antistante la chiesa, e questo ha consentito ad alcuni di noi di costruire dei fisici forti e di acquisire dimestichezza con la palla. Infatti oltre a me, sono arrivati al professionismo, Sandro Coco (che giocò nella primavera del Napoli) e Ferdinando Benigni (che fu acquistato dal Modena ma poi per ragioni familiari entrò nella Polizia). Su una popolazione di 400 abitanti la percentuale è sicuramente alta.
2) Che tipo di famiglia era la sua? In che maniera l’aiutò nella sua passione per il calcio?
La mia era una famiglia semplice ed onesta che ha sempre lavorato duramente per la sussistenza. Mio padre dopo aver combattuto nella seconda guerra mondiale, nonostante fosse stato ferito in Jugoslavia, andò a lavorare come minatore nelle gallerie lontano da casa. Il paese era praticamente un paese senza padri, visto che erano tutti lontani da casa per la ricostruzione del dopo-guerra. Così noi figli rimanemmo con le mamme ed i nonni.
La prima preoccupazione della mia famiglia era quella della sussistenza, e la speranza per i figli era quella di vederli studiare affinché si potessero creare un futuro migliore. Lo sport non era certo visto come una possibilità di carriera, ecco perché in realtà non ho avuto nessun sostegno, per quanto riguarda il calcio, dalla famiglia.
3) Lei arrivò alla Ternana dopo un campionato di serie B vinto con la maglia della Lazio. Fu per lei una delusione il fatto di non essere confermato per la serie A?
Dopo due campionati di serie C con l’Aquila Calcio, fui acquistato dalla Lazio e vincemmo il campionato salendo nella massima serie. La Ternana Calcio mi notò giocare nelle fila dei bianco-celesti e decise di fare un’ottima offerta per avermi in squadra. Fui così ceduto alle Fere. Inizialmente, non nascondo che avvertii un pizzico di delusione. Giocare nella Lazio era stato un traguardo, avevo giocato all’Olimpico sotto lo sguardo di ottantamila persone nel derby Roma-Lazio e non sognavo altro di continuare su questa strada. Ma sono abituato a guardare avanti ed a non girarmi indietro, anche perché i tifosi ternani mi accolsero con grande affetto, mi dettero la carica per dare il meglio che potevo. Nella società trovai un ambiente propositivo e costruttivo, si instaurò un accordo totale con i compagni di squadra, eravamo un gruppo e non solo una squadra e sentivo che tutto ciò mi avrebbe dato grandi soddisfazioni. Come poi in effetti è stato.
4) Ricorda come fu l’impatto con l’ambiente rossoverde al suo arrivo e quali erano le sue aspettative arrivando a vestire la maglia delle Fere?
Arrivato a Terni trovai una società ricca di ambizioni ed in pieno fermento. Allo stesso modo scoprii che Terni era una magnifica città, con una popolazione davvero calorosa, capace di sostenerci con forza. Lo stadio era sempre pieno e si avvertiva l’attaccamento e l’amore che la città aveva per la sua squadra. I tifosi erano la principale forza trainante per noi giocatori. Avevano grande simpatia per quei giocatori che si impegnavano costantemente in ogni partita. Io ero uno di quelli. Volevo ripagare con tutto l’impegno possibile la società e la città per avermi scelto.
5) Aveva già conosciuto il tifo ternano per aver giocato allo stadio di Viale Brin sia con la maglia de L’Aquila che con quella della Lazio (Ternana-Lazio 2-0, il 03-11-1968. Doppietta di Liguori). Una partita quest’ultima che è rimasta nella memoria di tantissimi tifosi rossoverdi che assistettero a quell’esaltante vittoria.
Che ricordo ha di quella partita e dell’ambiente rossoverde di quel periodo?
La delusione nel perdere quell’incontro fu tanta, probabilmente sottovalutammo la grinta, l’orgoglio e la voglia di emergere della Ternana. Il carattere dei ternani mi colpì molto in questa occasione e non nascondo che mi ritrovai a pensare che doveva essere bello anche vestire la maglia Rosso-Verde.
6) Allenatore di quella sua prima esperienza alla Ternana era Mister Pinardi, sostituito poi da Montanari. Che rapporto avevate voi giocatori con i due mister?
Due allenatori veri, preparati, che si impegnavano al massimo per tenere unito il gruppo e preparare il terreno per il successo che sarebbe poi arrivato.
7) Nella stagione successiva invece arriva Mister Vinicio. Che allenatore era per il calciatore Fontana?
Vinicio è stato un grandissimo calciatore e come allenatore era molto serio e raccolse buoni risultati confermando la permanenza in serie B. Ho un buon ricordo del rapporto con Vinicio, che contava molto sui giocatori che, come me, avevano fame di risultati e si impegnavano alla morte.
8) Giocò anche dei derby con il Perugia che, come ben sa, sono sempre molto sentiti dalle due tifoserie. E proprio in un derby, quello dell’8-11-1970 (Perugia-Ternana 1-0) accadde un po’ di tutto, con Mister Vinicio squalificato poi per ben quattro mesi a seguito delle sue dichiarazioni post-derby. Ricorda quella giornata così particolare?
Ricordo che il gol del Perugia fu segnato su rigore da Giovanni Urban e si sa che i calci di rigore creano sempre discussione se il fallo non è evidentissimo. Mettete assieme la tensione del derby, l’errore umano che poteva commettere l’arbitro e la voglia di vincere, ne viene fuori una miscela esplosiva. Consideriamo che all’epoca la moviola non c’era e quindi era facile che si creassero polemiche. Vinicio oltretutto era soprannominato “Leone” e questo vi dice tutto del suo carattere. Leale, ma forte e determinato.
9) E proprio nella stagione 1070-’71 lei realizzò l’unico goal in campionato della sua carriera professionistica (il 18-04-1971, Catanzaro-Ternana 2-1). Ricorda le sue emozioni per quel goal del momentaneo pareggio rossoverde?
All’epoca gli allenatori tendevano a far rimanere i difensori nella propria area di rigore perché il fuorigioco era riconosciuto soltanto dentro l’area di rigore e per questo se noi difensori ci allontanavamo dalla nostra area venivamo ripresi e richiamati all’ordine dall’allenatore, a maggior ragione se la squadra stava vincendo. Questo ovviamente al fine di proteggere il risultato. In quella partita stavamo perdendo e così mi sono concesso il lusso di andare in attacco e tentare di risollevare il risultato. L’entusiasmo fu tanto così come la gioia provata, ma purtroppo all’epoca per i difensori in attacco c’era poco spazio.
10) Un altro goal lo realizzò in Coppa Italia, sempre in quella stagione (il 13-09-1970, Ternana-Sampdoria 1-1). Ma era proprio così difficile per un difensore dell’epoca riuscire a realizzare qualche goal?
Come detto sopra, i difensori all’epoca erano preposti alla fase difensiva. Solo successivamente cambiarono gli schemi che consentivano ai difensori di inserirsi nelle azioni offensive. Peccato, perché di testa ero molto forte e con il calcio di oggi avrei potuto dare dei contributi importanti. Segnare un goal è davvero una grande emozione, i compagni esultano, i tifosi esplodono in un boato di gioia ed in quel momento il risultato dipende da te.
11) Nella sua ultima stagione in casacca rossoverde sulla panchina arriva Mister Viciani. Un personaggio che è ancora nei cuori di tutti i tifosi delle Fere. Ce lo descrive, sia da un punto di vista professionale che da quello umano?
Mister Viciani professionalmente fu un precursore del calcio attuale con l’introduzione del gioco corto. Umanamente voleva dai giocatori sempre ed assolutamente il massimo impegno e la massima attenzione.
12) Secondo lei, qual è stato il momento decisivo di quella esaltante stagione?
Non ci fu un momento decisivo, possiamo piuttosto parlare di un successo creato già dal primo instante della preparazione con un lavoro specifico sulla velocità e sul lavoro di forza. Le vittorie delle singole partite e la vittoria del campionato sono stati un susseguirsi di successi che hanno portato al grande traguardo della seria A. C’è da sottolineare però che io, Cucchi, Russo, Valle, Zeli, di nostra iniziativa, la mattina andavamo a correre sulle colline ternane per migliorare le prestazioni sotto l’aspetto agonistico e della resistenza, anche se questo nostro impegno volontario e supplementare passava sotto silenzio e l’allenatore Viciani non ne ha mai fatto cenno. Mentre invece era molto apprezzato dai tifosi che ci ringraziavano e sostenevano, con il capotifoso Sandro in testa.
13) Nei suoi tre anni alla Ternana, qual è stato l’avversario che ha incontrato che l’ha messa più in difficoltà?
Senza dubbio Giorgio Chinaglia! Lo avevo già incontrato quando giocava nella Internapoli, in serie C. Non era affatto facile contrastarlo, per me era una grande sfida. Chinaglia era molto alto, aveva grinta, carattere, grande forza tecnica ed istinto del goal. Non a caso stiamo parlando di un vero campione, il giocatore italiano con la miglior media reti realizzate in rapporto agli incontri di campionato disputati (319 goal in 429 partite).
14) Quale è stato il momento più difficile per la sua carriera in rossoverde?
Il momento più difficile fu quando mi fu comunicata la cessione all’Arezzo. Mister Viciani scambiò me, Cucchi e Zeli con Beatrice. Oramai Terni era come casa mia, abbandonarla significava lasciare amici, affetti e tifosi unici. Ci rimasi veramente male!
15) Immagino invece di sapere quale è stato il momento più esaltante. Me ne parla?
Il momento più esaltante ovviamente fu la vittoria del campionato e la salita in serie A. Era già la seconda volta che vincevo un campionato salendo in A ma l’emozione provata a Terni è stata indimenticabile. Una città intera impazzita di gioia! In festa per una settimana intera, Terni si colorò di rosso-verde, le ragazze erano vestite dei colori della squadra, le bandiere sventolavano ovunque, nelle strade si suonava e si ballava. Noi giocatori per una settimana passammo da un festeggiamento all’altro. Fu la vittoria, non solo di una squadra ma di una intera città.
16) Con chi instaurò l’amicizia più importante nei suoi tre anni in rossoverde?
Con Cucchi. Eravamo già compagni di squadra alla Lazio, ma oltre a questo lui era un esempio per impegno, abnegazione, serietà ed attaccamento che metteva nel lavoro. Per me era un caro amico ma anche un esempio. Non posso però dimenticare i bei rapporti che sono nati con Liguori, Marinai, Marchetti e Zeli con cui dividevo la camera.
17) Nell’estate del 1972, quando la città intera si apprestava a vedere per la prima volta scendere al Liberati le maggiori squadre del campionato italiano, lei venne ceduto all’Arezzo. Come prese questa scelta societaria? Si aspettava la riconferma?
Certo, la possibilità di giocare in serie A è il sogno di ogni giocatore di calcio, ma la cessione fu la riprova che la mia abnegazione ed il mio modo di giocare non erano stati apprezzati appieno da Mister Viciani. Fui ceduto all’Arezzo con Cucchi e Zeli. Ma il trasferimento ad Arezzo mi ha consentito di conoscere mia moglie e creare la mia famiglia in questa bella città che tutt’ora mi ospita.
18) Nella stagione successiva, proprio alla prima giornata di campionato, lei fece ritorno al Liberati da avversario, vestendo appunto la maglia dell’Arezzo (il 30-09-1973, Ternana-Arezzo 2-0). Ricorda che tipo di accoglienza le fu riservata da parte dei tifosi rossoverdi?
Un’accoglienza memorabile! La tifoseria era tutta in piedi che gridava “Fontana, Fontana”. Mi ripassarono davanti le immagini degli anni e dei successi condivisi con loro. Mi emozionai e li strinsi tutti in un abbraccio immaginario.
19) Le capita mai di sognare di scendere ancora in campo con la maglia rossoverde?
Sogno spesso di scendere in campo, ho un meraviglioso ricordo di tutte le società che mi hanno dato modo di imparare e di mettermi in gioco costruendo una buona carriera, ma la Ternana occupa ancora un posto speciale nel mio cuore. Nel cassetto del comodino conservo la sciarpa rosso-verde e nel salotto di casa ho appesa da sempre la litografia di una Fera rosso-verde.
20) Infine una domanda di carattere generale. Secondo lei quali sono i mali del calcio di oggi rispetto a quello dei suoi tempi?
Sicuramente l’abnorme giro economico che gira intorno al calcio, i diritti tv e conseguentemente gli stadi vuoti. Manca l’emozione delle partite giocate allo stesso orario senza conoscere i risultati delle altre squadre; mancano le famiglie allo stadio e la condivisione di una passione; manca l’emozione dell’essere presenti nel momento. Mancando il pubblico è come se mancasse il 12 giocatore, il più importante, quello in grado di creare l’atmosfera del grande evento.
La carriera di Fontana in rossoverde:
1969-’70(Serie B):Presenze in campionato:33,Goal realizzati:0 Presenze in Coppa Italia: 3, Goal realizzati: 0
1970-’71(Serie B):Presenze in campionato:32,Goal realizzati:1 Presenze in Coppa Italia: 3, Goal realizzati: 1
1971-’72(Serie B):Presenze in campionato:18,Goal realizzati:0 Presenze in Coppa Italia: 3, Goal realizzati: 0
La carriera di Pietro Fontana:
1966-’68: Aquila (serie C) Presenze: 60 Goal: 0
1968-’69: Lazio (serie B) Presenze: 2 Goal: 0
1969-’72: Ternana (serie B) Presenze: 83 Goal: 1
1972-’74: Arezzo (serie B) Presenze: 55 Goal: 0
1974-’76: Brindisi (serie B) Presenze: 36 Goal: 0
Marco Barcarotti
(intervista realizzata nell’ Agosto 2017)
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