Lucchese, crisi senza fine: stipendi non pagati e futuro appeso a un filo

Lucchese, crisi senza fine: stipendi non pagati e futuro appeso a un filo

Benedetto Mancini proprietario della Lucchese - Foto Facebook

La Lucchese sprofonda in una crisi che non è più solo sportiva, ma ha ormai assunto i contorni di un vero e proprio dramma gestionale. Benedetto Mancini, proprietario del club dallo scorso 26 marzo tramite una sua società, non ha rispettato neanche l’ultima scadenza federale, prevista per la mezzanotte di ieri, relativa al pagamento degli stipendi di febbraio per calciatori e staff tecnico.

Una mancanza che si aggiunge al pesante arretrato già maturato nei mesi precedenti: ad oggi, l’intero ambiente rossonero – compresi dipendenti e collaboratori non tesserati – non percepisce compensi da oltre un anno.

Il risultato? Una penalizzazione di sei punti già inflitta per il mancato rispetto delle scadenze di inizio anno, con il rischio concreto di un nuovo deferimento. Il cambio di proprietà, tanto atteso quanto sbandierato, nei fatti non ha prodotto alcuna inversione di tendenza. Dall’arrivo di Mancini, le uniche risorse entrate nelle casse societarie sono state poco più di duemila euro, incassate dalla gara casalinga contro la Ternana, su iniziativa dello stesso patron.

Nel frattempo, le promesse di pagamenti imminenti, le conferenze stampa annunciate e poi puntualmente annullate, si sono trasformate in un copione ripetuto e ormai privo di credibilità. Intorno alla figura di Mancini si muovono altri soggetti – da Fabbro a D’Andrea, fino al direttore generale Veli, ancora in carica – ma il quadro resta nebuloso.

Non è la prima volta che il nome di Mancini compare in scenari societari critici. Il suo curriculum è segnato da esperienze complicate e spesso finite nel peggiore dei modi. E ora la Lucchese rischia tutto: una nuova penalizzazione, la perdita della categoria e – scenario estremo ma tutt’altro che remoto – l’esclusione dal prossimo campionato, qualora non venissero saldate tutte le pendenze entro la fine di maggio.

Il tempo stringe, ma la fiducia nell’attuale gestione sembra ormai finita da tempo.