Diffuso dalla Tribunale Federale della Figc le motivazioni che hanno spinto l’organo a penalizzare di due punti la Ternana e a sanzionare l’ormai ex presidente e proprietario del club Nicola Guida.
“Alla luce degli atti – si legge nel capitolo La Decisione – appare accertata la violazione contestata, come ammesso anche dai deferiti, concretizzandosi, quindi, la fattispecie censurata dal combinato disposto delle disposizioni indicate in deferimento. Appare opportuno, quindi, soffermarsi sull’entità della sanzione da irrogare nel caso concreto anche alla luce delle argomentazioni difensive. Con riferimento al Presidente p.t. all’epoca dei fatti contestati, deve escludersi l’applicabilità delle invocate circostanze attenuanti, essendo sufficiente richiamare, sul punto, quanto sostenuto dalla Corte Federale d’Appello secondo la quale “…. a tal riguardo va ancora una volta ribadito che, sia il mancato pagamento degli emolumenti per i propri dipendenti, sia l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, costituiscono illeciti connotati da mera condotta omissiva in quanto violativi di un obbligo di facere, ossia la corresponsione di una determinata somma entro un preciso termine normativamente stabilito, per cui il mancato adempimento dell’obbligo è elemento costitutivo della fattispecie di illecito…”(C.F.A., SS.UU., 21 agosto 2024, n.21) Nel caso di specie, quindi il tardivo pagamento non ha attenuato le conseguenze dannose dell’infrazione, come richiesto dalla legge. Anche la presunta ammissione di responsabilità non può trovare spazio fra le circostanze attenuanti applicabili alla fattispecie concreta in quanto la stessa è evidente e palese e facilmente sussumibile in relazione al ruolo rivestito dall’odierno deferito essendo irrilevante, ai fini che ci occupa, l’aver contribuito ad escludere il ruolo (con)causale di altri soggetti. Con riferimento alla posizione del sodalizio societario occorre preliminarmente ricordare che secondo l’ormai granitico orientamento della giustizia endofederale, le disposizioni volte a garantire il corretto adempimento delle obbligazioni delle società nei confronti dei tesserati – e del conseguente obbligo di riversamento delle ritenute fiscali e contributive – risponde ad esigenze di garanzia della stabilità economico – finanziaria dei partecipanti al campionato e, conseguentemente della par condicio dei predetti che potrebbero trarre vantaggio da inadempimenti verso il fisco e verso gli enti previdenziali. Il sistema federale ha, quindi, creato un rigido meccanismo sanzionatorio che intende salvaguardare la par condicio tra tutte le squadre, che potrebbe essere compromessa qualora non venissero immediatamente intercettati e sanzionati eventuali sviamenti finanziari incidenti sulle obbligazioni assunte dalle società, come tali possibile fonte di ingiustificate posizioni di vantaggio.
Tale principio, quindi, ispira ogni possibile chiave interpretativa della norma in questione essendo orientato a garantire il corretto adempimento di tutte le scadenze federali. Orbene, in tale quadro non possono accogliersi le argomentazioni difensive volte a prospettare un quadro “sanzionatorio” diverso rispetto a quello ormai da tempo fissato dalla giurisprudenza endofederale che pone, giustamente, su piani diversi le contribuzioni erariali rispetto a quelle contributive e che prospetta quindi autonome sanzioni derivanti dalla mancata ottemperanza dei relativi pagamenti, in ragione dell’applicazione del principio di proporzionalità che, in tale fattispecie, non risulta in alcun modo violato, atteso che la violazione contestata ha ad oggetto due mensilità e che la sanzione prevede la penalizzazione di punti due per ciascun inadempimento. Né possono porsi sullo stesso piano le diverse sanzioni previste dal comunicato federale che, invero, impongono autonome scadenze e riguardano fattispecie diverse – sebbene sostanziantesi in omessi pagamenti e/o versamenti. La richiesta di midiazione della sanzione per l’omesso pagamento di due mensilità, quindi, si porrebbe al di sotto di quel minimo edittale che più volte è stato ritenuto non derogabile dalla giurisprudenza endofederale. Al riguardo va ricordato che la Corte Federale d’Appello ha statuito, sul punto, che "Per quanto riguardo le sanzioni previste a carico della società con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di punti negativi in classifica, non è possibile una graduazione che tenga conto della gravità dell’infrazione (così come avviene per le persone fisiche), né è consentito al giudice sportivo quantificare una sanzione inferiore al minimo edittale previsto puntualmente della normativa federale e ciò in ossequio al principio della parità di condizioni tra i soggetti in competizione e all’esigenza di non creare indebite distorsioni dei campionati (SS.UU. n. 101/2022/2023; n. 78/2022/2023; n. 88 e 89/2019-2020). L’ordinamento sportivo, nella sua parte sanzionatoria, è solo parzialmente e cum grano salis, assimilabile a quello penale. Invero, mentre per quest’ultimo, la funzione (non assorbente ma certamente) principale della pena è – per esplicito dettato costituzionale – la rieducazione (rectius: risocializzazione) del condannato, per l’ordinamento sportivo la sanzione ha essenzialmente scopo e funzione retributiva, e restauratrice della par condicio nelle competizioni agonistiche. Di talché sembra conseguente ipotizzare, in tale ultimo ordinamento, la sussistenza di una differenza sostanziale tra le sanzioni a carico delle persone e quelle a carico delle società, con specifico riferimento a quelle consistenti nella attribuzione di “punti negativi” in classifica. Le prime, connotate da finalità essenzialmente retributive (ma anche con funzione generalpreventiva), devono essere calibrate in ragione della gravità dell’infrazione, ma anche della personalità dell’agente (desumibile da molteplici indicatori: intensità del dolo, grado della colpa, eventuale recidiva, comportamento post factum ecc.); le seconde non possono non tener conto dell’immanente conflitto (agonistico) di interessi tra i vari attori della competizione. Conseguentemente mentre, nel primo caso, il giudicante certamente può determinare in concreto la sanzione facendo largo uso delle circostanze – tanto aggravanti quanto attenuanti – aumentando notevolmente o diminuendo, anche al di sotto del minimo, la sanzione in concreto da applicare, nel secondo, viceversa, tale potere discrezionale egli deve necessariamente contenere in limiti più angusti, potendo senza dubbio esercitarlo nell’ambito della gamma sanzionatoria prevista dai limiti edittali, ma non oltre, salva esplicita, eventuale (e derogatoria) previsione normativa. La ragione è quella cui si è fatto prima cenno: la sanzione della penalizzazione in termini di punti di classifica viene certamente ad incidere nella sfera del sanzionato, ma ha un immediato riflesso nei confronti dei competitori, che potranno essere – più o meno – avvantaggiati dall’handicap che il giudice ha decretato nei confronti del trasgressore. E proprio perché, in tal caso, la sanzione si traduce in un danno, in termini di classifica, per una squadra e, conseguentemente, in un vantaggio per le altre, essa deve essere assistita da un maggior grado di certezza in riferimento alla sua graduazione; il che comporta la insormontabilità dei limiti edittali” (Corte Federale d’Appello, SS.UU. 23 aprile 2024, n.109). Alla luce di quanto sopra esposto va affermata la responsabilità degli odierni deferiti ed applicata la sanzione richiesta dalla Procura Federale, come da dispositivo.
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