TMC RADIO AIC, Calcagno: “Serve una nuova distribuzione delle risorse”
Umberto Calcagno, vicepresidente dell'Associazione Italiana Calciatori, ha parlato a TMW Radio, intervenendo nel corso di Scanner per parlare della riforma del lavoro sportivo che sta per vedere la luce: "Quanto contenuto nelle bozze viste fino a oggi e nelle comunicazioni ministeriali, ci lascia ben sperare. Il mese scorso abbiamo incontrato il ministro Spadafora per manifestargli vicinanza e sperare che questo percorso così lungo nella tutela dei diritti possa arrivare a compimento. C'è un problema di sostenibilità oltre quello delle tutele, e il ministro la cosa ce l'ha ben presente: ci saranno misure di accompagnamento verso questo lavoro sportivo. Un po' come quanto messo in piedi per le ragazze di Serie A, per il cui status di professioniste abbiamo fatto passare oggi una delibera e che godranno di 11 milioni di euro di risorse per la transizione verso il professionismo. Il ragionamento è di sistema".
Che messaggio deve arrivare alla gente, qual è il significato fondamentale di equiparare professionisti e dilettanti?
"A nessuno sfugge che tanti ragazzi e ragazze pratichino un'attività solo formalmente dilettantistica, e che siano invece dei professionisti di fatto che sostentano se stessi e i propri familiari tramite lo sport. Un riconoscimento è dovuto, stiamo parlando davvero di atleti che rappresentano anche l'Italia in ogni sport, il meglio che si possa esprimere in quella disciplina sportiva: lo Stato non può disinteressarsi del futuro pensionistico e delle tutele. Con le calciatrici ci siamo riusciti, ma è stato anche merito loro e della cavalcata che hanno fatto al Mondiale. Indubbiamente abbiamo creato anche una consapevolezza differente, soprattutto con la FIGC. Il lavoro sportivo darà dignità ad atleti di altissimo livello, ragazzi e ragazze che vivono di sport. Rimanendo sul calcio intendo la Serie D, il calcio a 5 ma anche la Serie B Femminile che, sono convinto, sfrutterà la cosa".
Preoccupato per i settori giovanili italiani?
"Lo sono, nella misura in cui oggi abbiamo difficoltà nel far praticare lo sport ai nostri figli. Il nostro impianto statale ha sempre demandato alle società dilettantistiche e alle piccole associazioni lo sport sul territorio, ed aiutare loro significa poi beneficiare in futuro a livello collettivo. Se la pandemia non ci facesse riprendere velocemente, rischieremmo di perdere presidi basilari nelle nostre città".
Il tema taglio stipendi rischia di prendere il posto a discussioni più utili come ad esempio la distribuzione diversificata delle risorse?
"La preoccupazione c'è. Parlare di stipendi, anche a livello giornalistico e mediatico, è di più facile lettura. I calciatori professionisti nella prima fase della pandemia hanno fatto la loro parte, e ci rendiamo tutti conto di quanto il paese stia soffrendo. La nostra posizione è che tutti debbano fare la propria parte, scindendo realmente cosa derivi dal Covid e cosa il mondo professionistico patisca per scelte o per mancate riforme auspicate da tempo. Se da una decina d'anni non riusciamo a capire che una distribuzione diversa delle risorse rispetto a oggi è l'unico partenza, si rischia di creare situazioni sterili anche a livello programmatico. Mi auguro si prenda spunto dalle difficoltà, e che si guardi intorno a noi, in Spagna, Germania o Inghilterra e alla mutualità che hanno e che riversano verso la loro base. Lo sport non può prescindere dall'aspetto solidaristico, o si creerà un divario sempre superiore".