“Giocatore mediocre”, lo dice lui, “grande preparatore di portieri”, lo dicono gli altri. Adalberto Grigioni, 66 anni portati benissimo è sulla breccia da tanto, tantissimo tempo.
Proseguirà con la Lazio o altrove…
“Da quindici anni vivo un’esperienza fantastica alla Lazio e fin quando la società lo vorrà io ci sarò. Però il mio sogno è chiudere la carriera dove l’ho cominciata, vale a dire con la Ternana, magari allenando i preparatori che a loro volta allenano i bambini. Non so se e quando il sogno si avvererà”.
In pratica tutta la vita da allenatore fatti salvi gli inizi con la Ternana…
“Sono in tutto 28 anni. Ho cominciato con l’Orte poi con il Rieti quindi la Ternana. Prima nel settore giovanile poi con la prima squadra, quindi la Lazio”.
Una scalata inarrestabile, una crescita fortemente voluta…
“C’è molto del mio. Ho sempre cercato di dare il massimo in campo e fuori, aggiornandomi, migliorandomi e mantenendo sempre un comportamento da professionista, irreprensibile. Però nella vita è importante avere le opportunità, incontrare le persone giuste. Elio Giulivi quando giocavo nell’Elettrocarbonium un giorno mi disse che sarei diventato un allenatore dei portieri. Carlo Osti mi ha dato la possibilità di dare sfogo alla mia passione prima alla Ternana in serie B quindi alla Lazio. Non smetterò mai di ringraziarlo”.
Però per uno che veniva da Sangemini restare ai vertici per tanto tempo non dev’essere stato facile…
“Impegno e professionalità, non conosco altre ricette. Un giorno a Marchetti e Carrizo che mi vedevano sempre sorridente dissi che ero felice perché ogni giorno potevo allenarli. Senza la passione non credo si possa fare tanta strada”.
In tanti anni sono arrivate anche le vittorie: tre Coppa Italia e tre Supercoppe italiane. Che voto daresti alla tua carriera?
“Un voto alto perché da giocatore mediocre mi sono costruito una credibilità da allenatore”.
Tanti allenatori, da Burgnich e Bolchi, da Berretta a Delio Rossi, Ballardini, Pectovik, Reja, Pioli, Simone Inzaghi…
“Ho imparato tanto da loro ma anche da Omero Andreani come dal direttore Borea. Ognuno mi ha trasmesso qualcosa nei comportamenti, nell’essere professionista, nel lavoro di ogni giorno”.
Lavoro che andrà avanti fino?
“Tempo fa mi ero posto un limite. Poi ci ho ripensato. Fin quando il fisico tiene, la passione non mi abbandona e una società mi farà lavorare io ci sarò. Magari anche con i bambini che hanno bisogno e meritano di fare sport, di avere qualcuno che, com’è successo a me, insegni loro qualcosa di utile nella vita sul piano professionale e umano”.
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