Le radici della frattura

Mattya D'Alessandro figlio del presidente Stefano - Foto Instagram

Un conto è essere esigenti, un conto è voler rompere completamente gli argini. Il rapporto fra allenatore e presidente non era mai decollato. Ma questo non aveva impedito ad entrambi di fare (bene) il proprio lavoro.
Abate aveva continuato a far andare la squadra: nonostante i cambi di società, di dirigenti, nonostante gli infortuni, nonostante a prescindere un campionato complicato che ancora non ha trovato un padrone. Come tutti gli allenatori ha le sue idee e le persegue con grande determinazione.
D’Alessandro ha provato ad imporsi in città. Ha voluto far sentire la propria presenza, alle volte anche imponendola ma senza tralasciare mai gli impegni da presidente. Ha rimesso in piedi la società, ha pagato tutto quello che c’era da pagare, ha investito sul mercato, ha dichiarato di voler proseguire nell’impegno dello stadio/clinica. Qualche peccato di vanità è assolutamente perdonabile.

Le prime frizioni fra i due, che probabilmente non si sono mai presi sin dall’inizio, nascono ad ottobre, poco dopo l’insediamento dei fratelli D’Alessandro. E il maggior motivo di malessere è sempre stato rappresentato dalla figura del figlio di Stefano, Mattya, già giocatore della Ternana, nel settore giovanile.
Come abbiamo avuto modo di dire un fatto più unico che raro. Era comprensibile per il papà l’orgoglio di vedere un figlio realizzarsi (peraltro rientrato dopo un brutto infortunio proprio pochi mesi fa) e la speranza di vederlo in prima squadra. Dall’altra bisognava fare i conti con un gruppo squadra che stava crescendo e nel quale la qualità media è molto alta (tanto che due giovani talenti come Carboni e Patané non hanno trovato molto spazio).

C’è un precedente: per una situazione analoga Abate aveva visto concludersi anche la sua avventura al Milan. Le pressioni per far giocare un giocatore piuttosto che un altro (ed esclusivamente dovuto al cognome) non le sopporta. E gli sembrava essere ripiombato di nuovo in una situazione troppo scomoda. Tutto questo – grazie alle mediazioni soprattutto di Mammarella oltre che di Mangiarano – è noto al presidente. Che ha capito la situazione e che aveva deciso che nel mercato di gennaio il problema sarebbe stato risolto, con la cessione di Mattya. Sarebbe stata peraltro la soluzione più logica: proprio per la crescita del ragazzo… puoi essere nel gruppo squadra della squadra di cui tuo papà è presidente?

A gennaio però la cessione non si è concretizzata. Né all’inizio, né alla fine. E non pensiamo che fosse una opportunità da dover cogliere negli ultimi giorni, ma una vicenda di cui si era discusso a tavolino. E così il problema è letteralmente esploso oggi. Con l’allontanamento di Abate.