Il test di domani contro la Virtus Entella, che ha due punti di vantaggio in classifica, può segnare uno spartiacque per la stagione dell’Unicusano Ternana. Il direttore sportivo rossoverde Luca Evangelisti è intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus per fare il punto della situazione: "Abbiamo la forza per uscirne", è il messaggio affidato all’emittente dell’Ateneo durante l’approfondimento quotidiano “Sport Academy”.
Direttore, come si esce da un momento come questo? "Bisogna premettere che il campionato di serie B è difficile. È vero che siamo in una situazione particolare, ultimi in classifica e reduci da un periodo negativo, ma siamo consapevoli che la forza del gruppo, la forza della società e la forza dei nostri tifosi ci permetteranno di uscirne. Bisogna lavorare sodo e cercare di metterci la testa e il cuore".
Negli allenamenti si nota la voglia di reagire dei giocatori? "Nonostante il dispiacere per l’allontanamento di Pochesci, i ragazzi hanno accettato la decisione della società e, da veri professionisti, si sono messi a lavorare a testa bassa con Mariani, che si sta dedicando anima e corpo a dare un equilibrio alla squadra. La voglia di reagire direi che non manca".
Il mercato l’ha vista in prima linea. Su che tipo di profilo si è indirizzato? "Analizzando il nostro girone d’andata, abbiamo convenuto sulla necessità di trovare un rinforzo per ogni reparto. Abbiamo rafforzato l’organico con gente che ha esperienza, gamba e voglia rivalsa. I nuovi arrivati si sono inseriti bene e speriamo che il campo ci dia ragione permettendoci di affrontare al meglio il rush finale. In serie B i risultati eclatanti sono sempre dietro l’angolo. L’importante è esserci con la testa".
A proposito di testa, da ex calciatore che gira l’Italia che impressioni si è fatto dei giocatori di oggi? "Negli ultimi anni è venuta a mancare la fame che avevano i calciatori della mia generazione, quando per noi esisteva solo il calcio. Ora si pensa più ad altre cose che a soffrire per arrivare ai risultati".
Quello del direttore sportivo è un lavoro a 360 gradi, di raccordo tra calciatori, allenatore e società. Come è nata questa passione? "È nata per caso ma è diventata presto una passione. Nell’ultimo anno da calciatore, il mio presidente di allora mi chiese di dargli una mano appena appesi gli scarpini al chiodo. Accettai la sua proposta e da lì in poi ho continuato con entusiasmo".
Molti direttori sportivi non negano di guardare anche al profilo privato, alle situazioni familiari, dei giocatori. È un’esagerazione? "Ognuno di noi usa dei parametri. Personalmente, le situazioni fuori dal campo mi interessano poco. L’importante è la professionalità dell’atleta, il rispetto delle regole e quello che fa nel rettangolo di gioco. La famiglia e le situazioni esterne non contano se hai un calciatore con la grinta e la fame in grado di fare la differenza".
Sotto i riflettori c’è la crisi del calcio italiano. C’è carenza di talento nel nostro calcio o c’è qualcosa che inceppa la macchina? "In Italia ci sono molti talenti che possono arrivare ad alti livelli. Bisogna tornare al passato facendo divertire i ragazzi e insegnando calcio, senza dare troppo peso ai risultati già da giovani. Ci vogliono dei maestri, che insegnino il sacrificio e tirino fuori la grinta che chi vuole crescere deve per forza dimostrare".
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