Il calcio di oggi ha bisogno di maestri. Lo sa bene Ferruccio Mariani, nuovo tec- nico dell’Unicusano Ternana, che tra i suoi maestri ne ha avuto uno davvero importante: Gigi Simoni. Prima da calciatore, nel Pisa e nella Carrarese, poi da suo vice sulle panchine di Cska Sofia, Ancona, Napoli e Siena, Mariani ha fatto parte di un calcio dal volto umano, senza eccessi e più attento alle persone che alla tecnica, come racconta Simoni in un’intervista a Radio Cusano Campus, durante l’approfondimento Sport Academy: “Spero che anche a Terni continui con i principi che avevamo, noi allenatori dobbiamo spendere il nostro tempo per aiutare i ragazzi a crescere, dobbiamo mettere a disposizione la nostra esperienza, diventare dei maestri sia nel campo sia nella vita”.
Mister, le manca il calcio?
“Ormai sono andato in pensione… Sono del '39 e nel ’55 ero già un giocatore della Fiorentina che vinse lo scudetto. Sono stato sui campi di calcio 60 anni, direi che sono contento della carriera che ho fatto”.
Che valutazione dà del calcio italiano oggi. L’eliminazione dal mondiale ha aperto una crisi?
“È difficile giudicare, soprattutto ora che ne sono fuori, situazioni che a volte dipendono da una sola partita. Se ci fossimo qualificati il nostro calcio non sarebbe così giù di morale. Il calcio resta uno sport bellissimo, sempre interessante, un’attrazione che non perde la sua forza e lo dimostra la passio- ne con cui la gente continua a seguirlo”.
Il ruolo dell’allenatore è cambiato. Lei era di poche parole rispetto ai suoi colleghi di oggi, che lavorano moltissimo sulla comunicazione.
“Noi pensavamo a migliorarci ogni giorno, c’era sempre molto lavoro da fare. Oggi, dal punto di vista tecnico, sono cambiate molte cose. Le esagerazioni nelle spese e l’esposizione mediatica spesso creano problemi. Le società che ogni anno sono costrette a ritirarsi dalle serie minori ai miei tempi rappresentavano un bacino per la ricerca di giovani capaci di rinforzare il calcio italiano”.
Che allenatore era Simoni?
“Ho fatto l’allenatore valorizzando più gli aspetti umani di quelli tecnici. Cercavo di far vivere bene i giocatori, di farli ragionare ponendo dei limiti, evidenziando la fortuna che abbiamo noi che viviamo e abbiamo vissuto di calcio, senza fare i sacri ci di altre categorie. Adesso ho la sensazione che la mentalità sia diversa e lo dimostra il fatto che spesso i giocatori non accettano il volere delle loro società”.
Eppure anche lei, soprattutto nella stagione sulla panchina dell’Inter, ha allenato delle star.
“Sì ma questi campioni non erano prime donne. Calciatori come Ronaldo e Pirlo giocavano con una passione illimitata. Naturalmente, i soldi erano importanti ma rappresentavano un aspetto secondario”.
Che cosa ci può rivelare del suo pupillo Ferruccio Mariani?
“Negli anni ’80, con Mariani in campo, portai due volte il Pisa in Serie A, ma in entrambi i casi me ne andai perché avevo sempre qualche problemino con Anconetani. Ferruccio mi rimase sempre fedele, tanto che poi qualche anno dopo mi raggiunse alla Carrarese. Pensavamo del calcio le stesse cose e anche in panchina, quando è stato mio vice, ho sempre potuto contare sul suo aiuto. Come me pensava che alla base del lavoro ci dovesse essere il rispetto reciproco tra l’allenatore e i giocatori. Questo è sempre stato un aspetto molto importante per noi”.
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