Rischio fallimento? Il Catania corregge il tiro assicurando che questa stagione verrà comunque portata a termine. L’ad Pietro Lo Monaco è al lavoro per cercare sul mercato almeno quattro rinforzi ma nel contempo deve necessariamente cedere. E, poi, dopo la fatidica data del 7 gennaio, momento in cui sarà chiesto il commissariamento della Meridi, non è scontato che il club fallisca. Lo stesso Lo Monaco, che ha risanato il debito iniziale di 19 milioni, risalendo fino a meno 4, sta lavorando per continuare a inseguire anche gli obiettivi di campo: rimonta in graduatoria, la finale di Coppa Italia di C da centrare per presentarsi ai playoff da terzi in classifica. Nel frattempo il patron Nino Pulvirenti segue in Italia (e non all’estero) le vicende delle sue imprese sotto la lente d’ingrandimento del tribunale e della controllata Catania Calcio. Il momento è difficile.
Situazione seria
Sul momento critico del Catania ha detto la sua anche l’assessore allo sport cittadino, Sergio Parisi, incaricato dal primo cittadino, Salvo Pogliese, di vigilare anche perché il Comune è proprietario dello stadio Massimino, concesso in affitto al club rossazzurro: «La situazione è serissima e l’obbligo per chi amministra la città è di non abbassare la guardia e vigilare. Insieme al sindaco guardiamo con attenzione a quanto ultimamente si sta muovendo, compreso il reale interessamento di un gruppo di imprenditori e professionisti che stanno cercando di trovare le condizioni per salvare la matricola 11700 e mettere in piedi un progetto serio, di lungo respiro, rispettoso della passione dei tifosi catanesi. Pazienza, serietà e solidità: su questi presupposti chiunque vorrà salvare il calcio a Catania troverà in noi alleati affidabili e partner appassionati».
Le tappe del calvario
Il Catania da cinque anni tenta di tornare in B dopo la retrocessione d’ufficio per il caso «I treni del gol». Due stagioni col freno a mano per le penalizzazioni in classifica, le altre tre con vista sui playoff. Negli ultimi mesi la situazione è precipitata: il cambio di tecnico (Lucarelli su Camplone), il crollo di Meridi, la rottura con la World Service che curava il servizio di sicurezza allo stadio (il match con la Casertana fu disputato a porte chiuse per ordine della Prefettura), quindi il messaggio rivelato da una mano anonima ai social («Trovatevi la squadra») indirizzato a dieci calciatori. L’effetto domino rischia di non arrestarsi
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