RassegnaStampa – Messaggero – Ulivieri e una salvezza figlia della città

Un'annata difficile, ma trascorsa senza patemi grazie a una città capace di stare vicina alla squadra e grazie a un presidente attento pure all'anima e allo spirito dei suoi giocatori e del suo allenatore. Queste due cose, vengono fuori dai ricordi rossoverdi di Renzo Ulivieri. Nella stagione 1978-79, era allenatore della Ternana. Poi si tuffò in una carriera che lo ha portato fino alla serie A e a panchine di prestigio. Oggi è presidente dell'Associazione italiana allenatori. E' tornato a Terni per la presentazione del libro di Alberto Favilla Il maestro sulla figura di Corrado Viciani, il tecnico del gioco corto che portò la Ternana in serie A. Nativo di San Miniato, in provincia di Pisa, Ulivieri, oggi settantottenne, confessa di essere rimasto molto legato ai ricordi ternani e di tornare volentieri in una città «nella quale – dice – sono stato molto bene». Arrivò a Terni solo pochi anni dopo Viciani. E non nasconde che in quel periodo c'erano ancora tante tracce del maestro di Castiglion Fiorentino. «Si sentivano molto. Soprattutto nella cultura del settore giovanile. Questa cultura, bisognava allora saperla capire e percepire. Io, qualcosa avevo capito. Ma neanche tutto. Il suo modo di essere e di pensare, lo incrociai un po' prima, andando in Romania a studiare calcio, insieme a Kovacs (allenatore dell'Ajax del calcio totale, ndr). Viciani aveva già l'idea non di un calciatore che eseguisse schemi, ma di un calciatore che pensasse».

«Era un calcio di altri tempi, una Ternana di altri tempi, una città di altri tempi. Un altro modo di vivere. Io vissi quell'anno in modo molto intenso. Anche la gente, quando ti incrociava per strada ti diceva le cose in modo diretto e schietto». Un rapporto talmente diretto, al punto di contribuire a una salvezza sulla carta difficile. La Ternana di Ulivieri partì dopo aver ceduto molti gioielli e puntando su una squadra un po' più giovane. «Terni capì la situazione e tutti stettero vicini alla squadra. I cittadini, i tifosi, la stampa. Non ci dettero pressioni. Sentivamo la vicinanza e anche l'amicizia della città in generale. Per questo, io ho sempre ricordato Terni come una città particolare. La cosa, quell'anno, dette i suoi frutti: partiti con l'obiettivo della sola salvezza, arrivammo a metà classifica».